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Al G7 discutono come bloccare il prezzo del petrolio russo e Wall Street crolla per timore dell’inflazione

Wall Street, la più importante piazza finanziaria mondiale, ieri ha chiuso in forte calo, trascinata verso il basso dal timore che l’inflazione e la stretta monetaria avviata dalla Fed possano spingere l’economia statunitense in recessione

Il tonfo di Wall Street è stato causato dal crollo della fiducia dei consumatori, che a giugno è precipitato a 98,7 punti dai 106,4 di maggio: il Dow Jones ha ceduto l’1,56%, il Nasdaq il 2,98% e l’S&P 500 è arretrato del 2%.

Ad innescare il crollo è stato il rialzo del prezzo del petrolio, con il Wti che ha terminato la seduta al Nymex in crescita dell’1,99% a 111,76 dollari a barile e che poi è ulteriormente peggiorato per la paura degli operatori delle ricadute che la corsa dei prezzi del greggio può avere sul costo della vita degli americani.

A fare schizzare in alto il prezzo del barile è stata la decisione dei leader del G7 di studiare un meccanismo per mettere un tetto “price cap” sul petrolio russo. Decisione che potrebbe indurre la Russia a non vendere il petrolio ad un prezzo per lei non conveniente. A ciò si aggiungerebbe l’aggravante che Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non saranno in grado di compensare la perdita dell’export di Mosca sul mercato determinata dalle sanzioni.

Tutto ciò ha innescato il crollo del Nasdaq che ha registrato un tonfo del 2,98% a 11.181 punti. Pesanti perdite anche per il Dow Jones, che ha ceduto l’1,56% a 30.947 punti, e l’S&P 500 che è arretrato del 2% a 3.822.

Con il ribasso di ieri e solo due sessioni rimanenti, l’S&P 500 si appresta a chiudere il suo peggior primo semestre dal 1970. Inoltre, tutti e tre gli indici sono ben indirizzati a registrare due cali trimestrali consecutivi per la prima volta dal 2015.