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Al via il G20 “che conta solo in Occidente”: Assenti Xi Jinping e Vladimir Putin

Assenze di peso giustificate dalle esigenze nazionali della pandemia: i Presidenti-Simbolo Xi Jinping e Vladimir Putin interverrano solo in videoconferenza al G20 sotto la presidenza italiana mentre Nato, Russia e Cina combattono ormai apertamente la nuova Guerra Fredda: dalle sfide in campo tecnologico e atomico alla gestione delle fonti energetiche non rinnovabili, dai rapporti con l’Afghanistan talebano fino alle questioni del Mar Cinese Meridionale

Mentre la Repubblica scrive che “Tutte le strade portano a Draghi”, il G20 nella Roma del weekend di Halloween – e del Samhain celtico – sembra una parata occidentale da cui le superpotenze contrapposte si sono volute defilare: il presidente cinese Xi Jinping ed il presidente russo Vladimir Putin saranno assenti fisicamente ed interverrano solo in videoconferenza.

La giustificazione è semplice: le esigenze della pandemia impongono ai presidenti di restare in patria, ma la diplomazia è quel luogo dove la forma è sostanza e dove un’assenza fisica può contare più di un discorso in presenza. L’assenza dei due principali rappresentati dei giganti mondiali contrapposti all’occidente non si può certo derubricare ad un caso fortuito e di modesta importanza: è un “segno dei tempi”.

Del resto il G20, nelle sue premesse, non è certo un incontro tra amici al pub anche se la “foto ricordo” si fa lo stesso: si tratta di un summit delle 20 nazioni più ricche del pianeta che in numeri rappresentano oltre l’80% del Pil mondiale, il 75% del commercio globale e il 60% della popolazione del pianeta a cui partecipano organizzazioni come le Nazioni Unite e il Fondo Monetario Internazionale.

Tanto per fare un esempio, dopo la crisi economica del 2008 il G20 portò all’impegno per oltre 1000 miliardi di spesa pubblica dei governi. Si tratta dunque di un forum dove i Grandi della Terra dovrebbero prendere decisioni – o in verità, a comunicarle – tali da avere ripercussioni per i decenni a seguire: è quindi ovvio che l’assenza di due presidenti come quello russo e quello cinese sia la dimostrazione ultima che l’ordine mondiale voluto dall’occidente sia ormai un vago ricordo del periodo successivo alla caduta del Muro. Anche se, del resto, non sono le uniche assenze: anche il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, il re saudita Salman e il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador non saranno presenti, ma certo non rappresentano superpotenze atomiche contrapposte all’occidente.

Tanto per capire l’aria che tira, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro parteciperà al G20 e salterà invece la Cop26 di Glasgow – del 1 novembre – dove i problemi relativi allo sfruttamento dell’Amazzonia saranno al centro delle critiche.

Un bel risultato per un G20 che mette al centro dei suoi propositi anche la discussione sul cambiamento climatico: il Brasile di Bolsonaro eviterà la Cop26 e Xi Jinping parteciperà da remoto. Praticamente l’Occidente parla a sé stesso, almeno non mancherrano gli applausi a scena aperta. 

L’impressione è dunque quella di un Occidente autoreferenziale che forse utilizzerà il G20 per ricomporre spaccature interne – vedi incontro odierno tra Joe Biden e Emmanuel Macron, primo faccia a faccia dopo la vicenda dei sottomarini australiani che portò addirittura la Francia a ritirare il proprio ambasciatore a Washington o il faccia a faccia tra Erdogan e Draghi dopo che l’italiano definì il turco un “dittatore”  – e decidere – o per lo più, comunicare – una linea più o meno comune su temi come Afghanistan, nucleare iraniano, l’Indo-Pacifico, strategie varie per contenere la Cina e la questione Taiwan e il progetto di una difesa europea che punta anche sulla condivisione dell’arsenale nucleare tra Paesi Nato, per la gioia della Russia che apertamente – e anacronisticamente – è ancora considerata ufficialmente la prima minaccia alla sicurezza dell’Europa, lo scorso 18 ottobre ha sospeso ogni relazione con l’organizzazione del Patto Atlantico.

Insomma un G20 in cui, a parte una discussione più o meno seria sulla una tassa minima globale del 15% per le grosse corporation proposta da Biden, difficilmente gli altri importanti temi sul tavolo – ripresa economica post pandemia, aumento prezzi energia, campagna di vaccinazioni a livello mondiale e clima – vedranno nascere delle sostanziali novità.