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Armi italiane a Kiev. Conte: “Se il governo vuole linea guerrafondaia venga in Aula”, mozione Ucraina governo passa

La mozione di maggioranza sull’Ucraina approvata oggi ha visto 241 voti per la pace e meno di 200 per la proroga all’invio armi

 

“Se il governo vuole perorare una linea guerrafondaia ‘armi a oltranza e zero negoziati’ venga in Aula a dirlo, a metterci la faccia davanti agli italiani e a far votare il Parlamento”. E’ questo il monito lanciato oggi dal leader del M5S Giuseppe Conte in sede di dichiarazione di voto sulle mozioni sull’Ucraina.

“Il dl sull’invio di armi all’Ucraina non può essere una routine. Non è più rinviabile un nuovo quadro di intervento. Pretendiamo un passaggio nelle aule parlamentari perchè sia garantito ai cittadini il diritto ad una informazione trasparente”, ha detto Conte.

Alla fine, la Camera ha approvato la mozione di maggioranza sull’Ucraina, su cui il governo ha dato parere favorevole, quella del Pd e solo parzialmente quella di Iv e Azione su cui la maggioranza si è astenuta. Importante il fatto che non sia passato però il primo capoverso della mozione del Terzo Polo a favore dell’invio di armi all’Ucraina. I testi sono stati votati per parti separate. Respinta la mozione dei 5 Stelle.

Sulla mozione del Terzo Polo anche il PD si è astenuto, solo Iv-Azione e Più Europa hanno votato a favore di tutte le tre mozioni che facevano riferimento al sostegno militare a Kiev.

Il maggiore consenso si dunque è registrato sul dispositivo della mozione di maggioranza ad eccezione dei punti 3, 5, 6, 7 e 8. Con 241 voti favorevoli, la Camera ha impegnato il governo a promuovere iniziative per negoziati di pace “giusta e sostenibile”, a promuovere il rilancio dell’Onu, a favorire il rispetto dell’accordo sul grano, a lavorare per l’esercito Ue.

Gli impegni dei punti 3, 5, 6, 7 e 8 sono stati invece approvati con meno di 200 voti favorevoli: si tratta del sostegno sulle infrastrutture ucraine, la proroga dell’invio di armi per tutto il 2023, l’implementazione della Bussola Strategica in ambito Nato, l’aumento al 2% del Pil delle spese militari, il modo con cui affrontare la crisi energetica.