È inutile giraci intorno, la giornalista Cecilia Sala resterà detenuta in Iran, finché l’ingegnere iraniano Mohammed Adebini Najafabadi, detenuto a Milano, non sarà liberato. Ma la procura generale di Milano sulla richiesta di domiciliari ha espresso parere negativo
Braccio di ferro tra Roma e Teheran. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha convocato l’ambasciatore di Teheran a Roma in merito alle condizioni della cronista italiana, in carcere a Evin dal 19 dicembre, arresto che si intreccia a quello di Mohammed Adebini Najafabadi, l’ingegnere iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti, accusato di cospirazione. L’iraniano avrebbe esportato dagli Usa all’Iran alcuni componenti elettronici, violando così le leggi americane che regolano le esportazioni e aggirando le sanzioni internazionali che pesano su Teheran.
Il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, nell’incontro ha chiesto all’ambasciatore Mohammad Reza Sabouri “la liberazione immediata, di assicurarle condizioni di detenzione dignitose nel rispetto dei diritti umani” e di “garantirle piena assistenza consolare, permettendo all’Ambasciata d’Italia a Teheran di visitarla e di fornirle i generi di conforto che finora le sono stati negati”.
Tutte richieste che secondo la stessa Sala, arrivata in Iran con regolare visto giornalistico, al momento le sono state negate, la giornalista de “Il Foglio”, parlando con i propri familiari nelle poche telefonate che le sono state concesse, ha infatti raccontato di essere in isolamento in un cella senza un letto, con sole due coperte per la notte quando il termometro va sotto zero, privata perfino degli occhiali da vista e del pacco con i generi di conforto, gli abiti, i libri e la mascherina per poter riposare nonostante la luce accesa 24 ore su 24. Altro scenario rispetto “cella singola”, descritta detto il ministro Antonio Tajani.
L’ambasciata iraniana ha replicato alle accuse affermando che alla giornalista “sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie. L’ambasciatore del nostro Paese – si legge in un post su X – ha annunciato che sin dai primi momenti dell’arresto della signora Sala, secondo l’approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, si è garantito l’accesso consolare all’ambasciata italiana a Teheran” e “sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari”.
Dichiarazioni che la sciano intendere che le trattative sono solo all’inizio, ed infatti, l’ambasciatore iraniano ha sottolineato che “il cittadino iraniano Mohammad Abedini è detenuto nel carcere di Milano con false accuse“. “Ci si aspetta dal governo italiano che, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto – ha aggiunto l’ambasciata iraniana – vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno”. Parole chiare: Sala sarà liberata quando sarà rilasciato Abedini.
Difficile quindi che la situazioni si risolva velocemente. Abedini, accusato di aver esportato illegalmente dagli Stati Uniti componenti elettronici per i droni usati dai pasdaran iraniani anche contro i militari di Washington in Giordania, è stata annunciata dal governo italiano trionfalmente il giorno dopo, 17 dicembre e questo nonostante un sito ben informato su questioni diplomatiche e di intelligence come Formiche.net avesse segnalato fin dal 17 il rischio che il regime iraniano, secondo una pratica piuttosto consolidata, potesse reagire prendendo italiani in ostaggi per uno scambio.
Solo il 23 il governo italiano capisce in quale trappola si è cacciato, quando l’avvocato di Abedini e il console iraniano a Milano che non hanno potuto incontrare l’ingegnere nel carcere di Busto Arsizio, sebbene fossero autorizzati dai magistrati, perché l’avevano portato a Rossano Calabro, l’Iran per evidente ritorsione non aveva concesso all’ambasciatrice italiana Paola Amadei di vedere Sala. Solo la sera del 26 quando Abedini è stato riportato a Milano, nel carcere di Opera, dove il console iraniano il 27 ha potuto vederlo, l’ambasciatrice italiana ha potuto incontrare Sala, che è l’unica visita concessa alla giornalista in tutti i 16 giorni di prigionia, nel carcere dei dissidenti a Evin.
La liberazione dell’ingegnere iraniano sembra dunque l’unica opzione per la liberazione di Sala, ma il procuratore generale di Milano ha trasmesso alla Corte d’Appello “parere negativo” sulla richiesta della difesa dell’ingegnere iraniano di concedergli gli arresti domiciliari. La Procura generale in una nota mette nero su bianco: “Si ritiene che le circostanze rappresentate nella richiesta, in particolare la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell’Iran unitamente a eventuali divieto di espatrio e obbligo di firma, non costituiscano una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino iraniano di cui gli Usa hanno chiesto l’estradizione”.
Inoltre secondo gli inquirenti del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Abedini “è un soggetto pericoloso e deve rimanere in carcere”, hanno scritto i funzionari Usa ai giudici della quinta sezione penale della corte d’Appello milanese che la prossima settimana dovranno decidere sull’arresto (e sull’eventuale estradizione negli Usa) del cittadino iraniano. Su questo punto i giudici di Milano si riservano “una approfondita e completa valutazione degli atti che verranno trasmessi alle autorità”. Per l’accusa di aver passato informazioni strategiche ai Pasdaran, ad Abedini sono stati sequestrati anche i cellulari e i dispositivi informatici in suo possesso.