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Arresto Cecilia Sala. Teheran: non è ritorsione per Abedini. Procura generale conferma parere negativo a scarcerazione

Teheran afferma che non c’è alcun collegamento tra l’arresto di Sala e quello di Abedini Najafabad che oggi ha rivisto il suo legale nel carcere di Opera. Per la procura di Milano resta il parere negativo ai domiciliari

L’udienza per discutere la richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa di Abedini, l’ingegnere dei droni, è fissata per il 15 gennaio presso la Corte d’appello di Milano. La procura generale aveva dato parere negativo alla richiesta dei domiciliari: la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell’Iran sarebbero considerati fattori ad alto rischio di fuga. Cosa sottolineata anche dagli Usa in una comunicazione alla procura milanese. Al momento, e fino all’udienza, la Procura generale di Milano fa sapere che è intenzionata a mantenere fermo il proprio parere negativo.

Ma l’ultima parola sull’estradizione la darà prima il governo e poi il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha facoltà di revoca sull’arresto e potrebbe consentire il rientro a Teheran di Abedini Najafabadi. Uno dei cavilli giudicati dirimenti potrebbe essere il fatto che in Italia i reati contestati hanno caratteristiche e presupposti diversi rispetto a quelli Usa. Secondo l’articolo 718 del codice di procedura penale, Nordio può liberare Abedini ritenendolo inestradabile. Poi c’è il Corpo dei Guardia della Rivoluzione (Irgc) che non è inserito nella black list dell’Onu né in quella dell’Unione Europea come organizzazione terroristica.

Comunque vada a finire, il delicato caso della giornalista italiana potrebbe incrinare i rapporti tra Stati Uniti e l’Italia che non può permettersi di fare restare la giornalista a tempo indefinito in un carcere iraninano. L’iran nelle ultime 48 ore è tornata a ribadire che l’arresto della giornalista Cecilia Sala a Teheran, avvenuto lo scorso 19 dicembre, “non è una ritorsione” per l’arresto in Italia dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi. A riferirlo è la portavoce del governo di Teheran Fatemeh Mohajerani, durante un punto stampa, come riportato da Isna. “Non si tratta di ritorsione, questo arresto non ha nulla a che vedere con altre questioni”, ha detto la funzionaria auspicando che il caso “venga risolto rapidamente”.

Per gli ayatollah l’accusa a Sala è una sola: “Aver violato le leggi islamiche”. E per questo è stata posta in cella di isolamento a Evin e le verrebbe negato un trattamento in regola con il diritto internazionale.

Ma queste dichiarazioni appaiono di facciata, l’ingegnere dei droni infatti è accusato dagli Stati Uniti di terrorismo per aver passato informazioni sensibili sui droni ai Pasdaran, il corpo speciale iraniano inserito nella black list dei terroristi dagli Usa dal 2019. Gli americani sono certi che quei droni abbiano ucciso tre soldati in Giordania nel gennaio di un anno fa. E ancora: “l’accusa mossa dagli Usa ai cittadini iraniani di aggirare le sanzioni unilaterali americane è infondata. La nostra richiesta a questi Paesi è di non lasciare che le loro relazioni bilaterali con l’Iran siano influenzate dalle richieste illegali di terzi”, aveva tuonato Beqaei.

L’Iran ha protestato per l’arresto di Abedini definendo le accuse americane “infondate” e chiedendone la liberazione immediata del proprio connazionale. E in riferimento alle accuse sulla strategia tutta iraniana della cosìdetta “diplomazia degli ostaggi” ha risposto con la stessa moneta: “Gli Usa prendono in ostaggio gli iraniani nel mondo, imponendo le loro leggi in altri paesi: questo non solo danneggerà i legami Iran-Italia, ma è contro le leggi internazionali”.