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Bombardamenti turchi in Siria e Iraq contro curdi, Erdogan: “Usaremo truppe di terra”, poi se la prende con USA e Russia

Il sultano di Ankara mette in chiaro che non “rimarrà in silenzio contro il terrorismo” e non risparma colpi di coda a Russia e USA, accusando Mosca di non aver assicurato il ritiro dei curdi dal confine con la Turchia e gli USA di aver “mandato migliaia di armi e munizioni ai terroristi in Siria”

La Turchia di Erdogan non chiede permesso a nessuna potenza per agire militarmente, conta uno degli eserciti più potenti della NATO – 400mila militari effettivi e armamenti moderni -, fa da mediatore nei conflitti internazionali – guerra ucraina -, detta condizioni alla NATO – sull’entrata di Svezia e Finlandia – e punta diventare l’hub del gas russo per l’Europa. Ma ce la farà?

Sogni di impero e potenza mondiale per il sultano di Ankara, il Presidente Erdogan, ma il detto “chi troppo vuole nulla stringe” potrebbe concretizzarsi.

Ieri la Turchia ha dato il via all’operazione “Pence Kilic” – “Spada ad artiglio” in italiano –  cono lo scopo di “eliminare gli attacchi terroristici contro il popolo e le forze di sicurezza turche dalle aree settentrionali dell’Iraq e della Siria e per garantire la sicurezza del confine della Turchia”, hanno dichiarato dal ministero della Difesa turco. L’operazione è avvenuta dopo l’attacco terroristico del 13 novembre scorso, quando un’esplosione nell’affollato viale Istiklal, a Istanbul, che ha provocato sei morti e 81 feriti.

La Turchia ha subito accusato i curdi dell’attacco, malgrado il Pkk – Partito dei lavoratori del Kurdistan – abbia negato ogni coinvolgimento. Il ministro dell’Interno turco, Suleyman Soylu, ha dichiarato che l’attentatrice, arrestata, ha ricevuto istruzioni da Kobane, provincia nel nord della Siria a maggioranza curda: “La persona che ha piazzato la bomba è stata arrestata. Secondo le nostre conclusioni, l’organizzazione terroristica del Pkk è responsabile”.

Il ministero della Difesa di Ankara ha annunciato ieri che l’aviazione turca ha colpito 89 obiettivi del Pkk e delle Ypg – gruppo armato curdo-siriano sostenuto e armato dagli Stati Uniti – durante i bombardamenti effettuati nel nord di Iraq e Siria. I bombardamenti sono stati effettuati su 45 obiettivi nel Kurdistan iracheno, a circa 140 km a sud del confine turco e 44 nel nord della Siria, a 20 km dal confine con la Turchia con aerei da caccia F-16 di fabbricazione americana e con i droni Bayraktar. In risposta ai bombardamenti, dalla Siria sono stati lanciati dei razzi nella provincia di Kilis che hanno provocato dei feriti tra le forze di sicurezza turche.

Stamani intanto è intervenuto direttamente il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, cittato dall’agenzia governativa Anadolu, dicendo che l’operazione “Spada ad artiglio” non sarà limitata a raid aerei, lasciando presuppore la possibilità di utilizzate anche truppe di terra oltre il confine turco, aggiungendo che chi disturba il territorio turco pagherà un caro prezzo per queste azioni.

Erdogan non ha inoltre risparmiato stoccate verso USA e Russia. Il sultano ha affermato che prima di ordinare l’inizio dell’operazione militare non ha avuto colloqui con gli Stati Uniti o la Russi e che Washington e Mosca sanno che la Turchia può portare avanti operazioni militari di questo tipo contro le forze curde in qualsiasi momento.

Il presidente turco inoltre criticato gli Stati Uniti per avere “purtroppo mandato migliaia di armi, equipaggiamento e munizioni in zone del terrore in Siria”, evidente il riferimento al supporto USA alle Ypg curde.

Ma non solo, Erdogan ha anche affermato Ankara ha effettuato un’operazione in Siria e in Iraq a causa del mancato rispetto da parte della Russia della promessa di assicurare il ritiro delle unità curde dal confine con la Turchia.

“Nonostante i nostri ripetuti avvertimenti alla Russia, che ha la responsabilità di sgomberare i terroristi nel nord dell’Iraq e della Siria in base al nostro accordo di Sochi del 2019, Mosca ha fallito e si rifiuta di svolgere il proprio dovere”, ha detto Erdogan, citato dal quotidiano Daily Sabah e riportato dalla russa Tass. Erdogan ha poi concluso dicendo che la Turchia “rimarrà in silenzio contro il terrorismo” e che agirà se la Russia “non lo farà”.

Alla luce di queste dichiarazioni dunque Erdogan fa la voce grossa con le due superpotenze mentre afferma di aver agito in modo indipendente, senza chiedere il “permesso” a nessuno. Questo fa sicuramente pensare sulla strategia diplomatica che Ankara intende adottare a lungo termine in politica internazionale e se i rapporti con la Russia – sempre più stretti dall’ scoppio del conflitto in Ucraina – non possano venire incrinati. Allo stesso tempo quello di Ankara potrebbe suonare come un avvertimento agli Stati Uniti e alla NATO di cui fa parte, soprattutto relativamente ai tesissimi rapporti con Atene. Ad inizio ottobre scorso del resto Erdogan stesso, rivolgendosi al primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, dichiarò: “chiede aiuto agli Stati Uniti contro la Turchia”, affermando inoltre che “Qualunque cosa facciate, noi faremo sempre la cosa giusta e siamo pronti a farlo”.