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Caro gas. Allarme Confindustria: “Europa in ginocchio, Pil Italia -3,2 % e a rischio 582 mila posti lavoro”

Le considerazioni di Confindustria non lasciano spazio alle interpretazioni: “lo scenario per l’economia vira al ribasso, i rincari del gas e il rischio di scarsità mettono in ginocchio l’Europa, che va verso una brusca frenata”

Il Centro studi di Confindustria non usa mezzi termini: “Il prezzo del gas non è mai stato così alto, inflazione e tassi di interesse salgono ancora più su. Il contesto è molto difficile nella seconda metà del 2022: lo scenario per l’economia vira al ribasso. Nell’industria italiana si materializza la caduta, sebbene l’export si dimostri resiliente e continui per ora la risalita dei servizi. Rincari del gas e rischio di scarsità mettono in ginocchio l’Europa, che va verso una brusca frenata”.

Queste sono solo alcune delle considerazioni che Confindustria comunica oggi sullo stato dell’economia in rapporto al caro gas imposto dalle sanzioni a Mosca per via della guerra in Ucraina. L’abnorme rincaro del gas e i rischi di carenza sui volumi hanno infatti un impatto pesante sull’Italia e gli altri paesi europei, importatori di gas.

Lo scenario vira al ribasso: “Il rincaro del gas da agosto è divenuto fuori controllo, sulla scia dei tagli delle forniture dalla Russia. La resilienza dell’industria è alle corde, dopo troppi mesi di impatto del caro-energia sui margini delle imprese: soffriranno gli investimenti. L’inflazione record erode il reddito delle famiglie e minaccia i consumi, protetti (in parte e non per molto ancora) dal risparmio accumulato. La BCE ha risposto a prezzi alti ed euro debole alzando i tassi, che daranno un ulteriore impulso recessivo. Rientrano i prezzi di varie commodity, perché è più fiacca l’economia mondiale. L’Italia resiste grazie a: più mobilità e turismo; crescita (minore) delle costruzioni. Tiene, finora, l’occupazione”.

Gas mai così caro: “Il prezzo del gas in Europa si è impennato a 236 euro/mwh in media in agosto (picco a 330) e rimane a 205 a settembre (da 171 a luglio), molto sopra i precedenti massimi di marzo; l’offerta russa di gas, infatti, è stata ripetutamente ridotta e i mercati prezzano la potenziale scarsità. Viceversa, il petrolio è sceso a 100 dollari al barile in agosto e a 92 a settembre (da 112 a luglio), per le peggiori attese di crescita mondiale, pur restando caro, sopra i valori di inizio anno”.

Salgono i tassi: “La BCE ha deciso il secondo rialzo dei tassi a settembre (a 1,25%), preoccupata da inflazione alta e cambio debole. Ciò rafforza il trend di aumento dei tassi sovrani: Bund a 10 anni a 1,62% in media a settembre, da -0,09% a gennaio; BTP a 3,84% (da 1,24%). Si sono ampliati anche gli spread col Bund: in Italia il maggiore (2,22 da 1,33, vicino alla Grecia), anche per l’instabilità politica, in Spagna a 1,18 (da 0,75), in Francia a 0,60 (da 0,30). Il temuto aumento del costo del credito in Italia sembra essere iniziato: 2,01% a luglio per le PMI (da 1,74% a gennaio), 1,01% per le grandi (da 0,76%)”.

Per Confindustria nell’Industria si materializza la caduta: “Gli indicatori qualitativi sono peggiorati: in agosto, il PMI è sceso ancor più in territorio negativo (48,0), segnalando recessione; anche i giudizi sugli ordini Istat sono in flessione, anticipando minor domanda; la fiducia delle imprese ha subito un ulteriore calo, su livelli ridotti. La produzione industriale ha mostrato un recupero a luglio (+0,4%), confermando la resilienza delle imprese italiane, con una dinamica migliore di quella tedesca e francese; ma è comunque attesa in calo nel 3° trimestre (-1,4% acquisito). Nelle costruzioni, proseguono i segnali di decelerazione, dopo la lunga fase di espansione: l’andamento nei cantieri già avviati è visto in forte calo nel 3° trimestre“.

Eurozona verso una brusca frenata: “Nel 2° trimestre il PIL europeo è cresciuto ancora (+0,8%, dopo +0,7% nel 1°). Tuttavia, forti criticità rischiano di arrestare l’espansione nei prossimi mesi: spinta dai prezzi energetici, l’inflazione è ai massimi (+9,1% annuo in agosto) e potrebbe frenare i consumi delle famiglie, principale traino dell’economia finora; la fiducia delle imprese industriali ha continuato a ridursi in agosto, specie in Francia e Germania, allungando un’ombra sugli investimenti.”

Confindustria stila poi tre stime sul gas, in particolare riguardo l’incidenza sui costi delle imprese, gli effetti del balzo del prezzo e la possibile carenza, che possono aiutare a capire la gravità del problema.

1. Aumento dei costi energetici. “Ipotizzando due scenari alternativi, con i prezzi delle materie prime energetiche (gas, petrolio, carbone) che rimarrebbero fino a fine 2023: 1) ai valori medi di agosto; 2) ai livelli medi attesi in base ai futures, l’incidenza dei costi dell’energia sul totale dei costi di produzione potrebbe salire fino all’11,0% nel 2022 e fino al 14,6% nel 2023 per l’economia italiana, dal 4,6% pre-pandemia. Per la manifattura, l’incidenza dei costi energetici, nello scenario peggiore, atteso dai mercati, finirebbe al 10,2% nel 2022 e al 13,7% nel 2023, più che triplicata rispetto al 3,9% pre-crisi”.

2. Impatto del balzo del prezzo. “Sono state condotte due simulazioni econometriche per il prezzo del gas, che rimanga fino a fine 2023: 1) a 235 €/mwh (il valore medio di agosto); 2) a 298 €/mwh (il livello medio atteso dai futures). L’impatto per l’economia italiana (rispetto a un baseline in cui il prezzo del gas è tenuto fermo alla media dei primi 6 mesi del 2022: 99 euro) è stimato in una minore crescita del PIL del 2,2% e del 3,2% cumulati nel biennio 2022-2023, nei due scenari, e in 383mila e 582mila occupati in meno”.

3. Rischio carenza di gas. “Negli ultimi mesi le forniture dalla Russia si sono ridotte, a tratti, in misura marcata, facendo salire il prezzo del gas. Se tali flussi si fermassero del tutto, dato l’avvicinarsi dell’inverno che porta al picco dei consumi, l’Italia e gli altri paesi europei potrebbero avere problemi anche sui volumi. In caso di blocco da ottobre, considerando le fonti alternative al gas russo già messe in campo, quelle che dovrebbero essere disponibili entro i primi mesi del 2023, l’accelerazione degli stoccaggi registrata fino ad agosto, in Italia si avrebbe una carenza di gas significativa (10,9 mmc, tra 4° trimestre 2022 e 1° 2023), ma molto inferiore a quanto stimato prima dell’estate. Usando la riserva strategica (4,5 mmc), si arriverebbe a un gap di 6,4 mmc (8% dei consumi). In base al piano di emergenza italiano e al recente regolamento a livello UE, la carenza potrebbe comunque avere un impatto rilevante su parti dell’industria italiana (che ha bisogno complessivamente di 9,5 mmc), causando chiusure e calo del valore aggiunto. Una riduzione dei consumi di energia, specie con le misure per limitare raffreddamento e riscaldamento negli edifici (il Governo stima tra -5,3 e -8,2 mmc), potrebbe quasi annullare la carenza di gas. Per l’Eurozona, la BCE stima che in uno scenario negativo, che include il blocco del gas dalla Russia, si cadrebbe in recessione nel 2023 (-0,9%), rispetto alla frenata prevista nello scenario base (+0,9%)”.

Anche un’inflazione record: “Le tensioni sull’energia fanno salire l’inflazione in Italia (+8,4% annuo) e nell’Eurozona (+9,1%). Su questi valori estremi la BCE non può fare molto, visto che i prezzi dell’energia dipendono da fattori esogeni, fuori del suo raggio di azione. Per le famiglie italiane, l’inflazione riduce il potere d’acquisto dei redditi e del risparmio accumulato; ciò potrebbe spingere a rimandare i consumi di altri beni e servizi. C’è un aspetto positivo, l’unico: con il rincaro dell’energia, si sono ridotti dal picco i prezzi di alcune commodity, specie metalli (rame, alluminio), ma perché peggiorano le attese sull’economia mondiale”.

In uno scenario che appare quindi oggettivamente catastrofico, Confindustria spiega che “è urgente attenuare i rincari dell’energia o i loro effetti. Come? Primo, con interventi compensativi per famiglie e imprese, che però sono molto costosi, sostenibili per periodi limitati; l’Italia è già tra i paesi europei con il maggior intervento di bilancio per l’energia. Servono allora interventi regolatori: destinare parte dell’elettricità prodotta dalle rinnovabili alle imprese, a un prezzo fisso e più moderato; riformare il mercato elettrico, sganciando il prezzo dell’elettricità da quello del gas; imporre un tetto UE al prezzo del gas in Europa, per agire direttamente sul cuore della crisi. Insieme, bisogna ridurre la dipendenza energetica da altri paesi (più rinnovabili) e ridurre i consumi nazionali di gas ed elettricità, come si sta iniziando a fare. Ma bisogna fare presto, lungo tutte queste direttrici, se non ci si vuole rassegnare a una stagnazione, o peggio”.