⦿ Ultim'ora

CGIL: “Basta retorica, seve un’antimafia concreta”


“Tra qualche giorno, il 21 Settembre saranno passati 30 anni dalla prima “strage di Porto Empedocle”.

Cgil-bandiere

A terra oltre alle vittime designate dal commando di killer rimarranno i corpi di Filippo Gebbia e Antonino Morreale.

E’ la Prima “strage di Porto Empedocle” , l’inizio della guerra di Cosa Nostra contro la “Stidda”.

A Filippo Gebbia abbiamo, qualche anno fa, intitolato la nostra “camera del lavoro” di Porto Empedocle, per dire che la lotta alla mafia deve riguardare tutti, che non è solo “affare” di poliziotti e giudici e che tutti siamo “vittime della mafia e che si può morire così, vittime innocenti di mafia.

Il 21 settembre saranno passati anche 26 anni dall’assassinio del Giudice Rosario Livatino.

Rendere perpetuo questo ricordo anche attraverso gesti, atti simbolici è importante . noi stessi abbiamo proposto l’anno scorso, insieme ad altri, la collocazione degli “archi” sulla SS. 640.

Ma, ovviamente, ancora più importante è comprendere che la lotta alla mafia deve sostanziarsi di cose concrete cominciando a comprendere la pericolosità della minaccia che permea questa provincia.

Ora come allora (come, peraltro, ogni anno ci dice la DIA) Agrigento e la sua provincia sono terre di traffici e spaccio di droghe, imposizione del pizzo e condizionamento degli appalti pubblici.

Sono questi i settori su cui si concentra la mafia in provincia di Agrigento secondo l’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia. L’organizzazione mafiosa, per la propria sopravvivenza e per il mantenimento dei familiari dei sodali in carcere, ha bisogno costante di liquidità, per questo motivo si concentrerebbe su attività delinquenziali tra le più redditizie.

Cosche agrigentine e cosche palermitane sarebbero sempre più alleate, concentrate sulla spartizione e sulla riorganizzazione mafiosa del territorio dopo le molteplici operazioni e arresti effettuati negli anni e nei mesi scorsi.

La mafia agrigentina mantiene rapporti privilegiati sia con i clan italo-canadesi e, in generale, con la mafia americana, per quanto riguarda l’import-export delle sostanze stupefacenti sia con i clan criminali del nord Africa relativamente da un lato al traffico illegale di immigrati e dall’altro all’utilizzo di manodopera straniera come piccola manovalanza mafiosa a basso costo.

La radiografia della Direzione Investigativa Antimafia ci parla di una mafia agrigentina ancora in grado di alterare gli assetti imprenditoriali e sociali del territorio anche sotto il profilo del condizionamento della cosa pubblica.

Ecco allora perché, retorica e convegnistica a parte, abbiamo bisogno di un’antimafia di massa, diffusa nella società, di un’antimafia concreta che faccia, ad esempio, in tempi celeri e certi ritornare all’uso ed alla fruizione sociale i beni confiscati alla mafia.

Abbiamo bisogno di un’antimafia concreta che non lasci solo uomini come Ignazio Cutrò lasciato solo da uno Stato che lo protegge a metà, lasciandolo solo a combattere con i debiti.

Abbiamo bisogno di concretezza, di mezzi, di uomini, di rafforzare e non indebolire i “presidii di legalità”.

Di tutto questo non vediamo traccia: solo impegni isolati, splendide isole d’impegno e di coraggio che vanno sostenuti e difesi.

Le forze che vogliono stare “dalla stessa parte della barricata” si uniscano, facciano rete, costruiscano insieme momenti per far crescere questa cultura: non è tempo di inutili protagonismi e di passerelle.

Se gli anniversari non vogliono restare solo delle date da celebrare svogliatamente, si assumano impegni precisi e verificabili.

La CGIL come sempre c’è e ci sarà sempre , la lotta alla mafia è nel nostro DNA, per questo parteciperemo a tutte le iniziative e diamo, sin d’ora, la nostra disponibilità a costruirne di nuove che abbiano questo segno”.