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Consulenti Procura: morte maresciallo Taurino correlata al vaccino. Chiesta archiviazione: c’è lo scudo penale


I superconsulenti della Procura di Mantova, depositano la relazione sul decesso del carabiniere Pietro Taurino: è correlata al vaccino. Ma c’è lo scudo penale e i magistrati  hanno chiesto l’archiviazione

Il maresciallo maggiore dell’Arma dei carabinieri di Mantova Pietro Taurino, 50 anni, è deceduto lo scorso 17 marzo, undici giorni dopo aver ricevuto la somministrazione vaccinale anti covid con siero AstraZeneca.

La Procura di Mantova ha aperto un’inchiesta sulle cause della morte nominando dei super consulenti che a fine indagine hanno depositato una relazione, nella quale scrivono che il decesso del maresciallo è dovuto a “un’emorragia cerebrale e conseguente trombosi venosa, che è da ritenersi correlata alla somministrazione del vaccino anticovid”.

L’inchiesta – come riportato dalla testata “La Voce di Mantova” – è stata condotta dal procuratore capo Manuela Fasolato e dal sostituto Giulio Tamburini. I magistrati avevano quale obiettivo primario, in difetto di una precisa casistica accademica in merito, quello di appurare l’esistenza di un’effettiva correlazione tra l’insorgere dei trombi a livello cerebrale, riscontrati in sede di esami autoptico, e l’assunzione del vaccino.

La Procura di via Toma, che voleva un’indagine “ad ampio raggio”, al fine di fugare ogni dubbio sull’accaduto, ha nominato un pool di tre esperti, specializzati sia in ambito medico legale che in materia di trombosi cerebrale, ai quali ha affidato l’incarico peritale. L’esito dell’autopsia ha infatti stabilito che la morte era da addebitare ad emorragia cerebrale e trombosi venosa cerebrale.

A giocare un ruolo determinante in ambito investigativo erano risultati altresì i conseguenti prelievi del sangue a cosiddetto “cuor battente” – in assenza di attività cerebrale ma cardiaca – disposti tempestivamente dagli inquirenti sul corpo della vittima che, avevano evidenziato la presenza di porpora trombocitopenica trombotica, ovvero la formazione di piccoli coaguli di sangue in tutto il corpo che bloccano l’apporto di sangue a organi vitali come cervello, cuore e reni, corroborando quindi in tal senso l’ipotesi di una correlazione, con elevata probabilità, tra la morte del militare e la vaccinazione da lui ricevuta.

L’esito della perizia avrebbe quindi condotto i magistrati verso un’incriminazione – come fascicolo aperto – verso ignoti, con fattispecie di reato di omicidio colposo. Purtroppo ciò non potrà avvenire, perché il governo nel decreto legge 44/2021 entrato in vigore, il 1° aprile scorso, tra le varie disposizioni in materia di contenimento della pandemia da coronavirus, ha inserito una norma, nello specifico l’articolo 3, che in funzione di “scudo” disciplina la “responsabilità penale da somministrazione anti Sars-CoV-2”.

Di fatto, secondo questa legge per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale (omicidio colposo e lesioni colpose) occorsi a causa della somministrazione di un vaccino anti covid, effettuata nel corso della campagna massiva: “la punibilità è esclusa quando l’uso di detto vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e dal Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.

In ottemperanza alla sopra citata legge, i magistrati inquirenti sono stati quindi costretti ad avanzare al Gip una richiesta, ancora sub iudice, di non luogo a procedere con relativa restituzione altresì degli atti per ulteriori accertamenti probatori non però a fini penali ma eventualmente in ambito di responsabilità civile.