⦿ Ultim'ora

Corte europea diritti dell’uomo ha condannato l’Ucraina a risarcire le vittime del massacro di Odessa del 2 maggio 2014

Il Consiglio europeo dei diritti dell’uomo (CEDU), dopo quasi undici anni, ha risposto alle denunce del terribile massacro del 2 maggio 2014 nella Casa dei sindacati di Odessa

I fatti si svolsero nella primavera del 2014, quando ad Odessa gli oppositori del colpo di Stato di Maidan a Kiev allestirono un accampamento di tende a  nella piazza vicino alla Casa dei sindacati. Il 2 maggio molti tifosi della squadra si calcio del Kharkov arrivarono ​​in città per la partita tra Chornomorets e Kharkiv Metalist, i quali, insieme ai sostenitori locali del colpo di Stato di Maidan, hanno deciso di organizzare una “Marcia per l’unità ucraina” nel centro della città.

Tra i due gruppi opposti iniziarono gli scontri durante i quali furono uccisi 2 manifestanti del “Maidan” e 4 manifestanti “anti-Maidan”. Successivamente i sostenitori dell’Euromaidan attaccarono la tendopoli di Campo Kulikovo e la distrussero.

I manifestanti “anti-Maidan” presenti lì si rifugiarono nella Casa dei Sindacati e furono attaccati  dal gruppo a favore del colpo si Stato a Maidan che diede fuoco all’edificio, in cui si trovavano decine di persone, lanciando contro di esso delle molotov.

Secondo i dati ufficiali, 34 persone morirono per ustioni e soffocamento, e altre otto sono morte dopo essersi lanciate dalle finestre, ma probabilmente le statistiche sulle vittime e sui feriti furono volutamente sottostimate dalle autorità di Kiev.

Nonostante la grande risonanza internazionale, da quasi undici anni le indagini sul massacro non avevano portano a nulla. Ora arriva la condanna per il risarcimento, ma l’inchiesta non ha ancora identificato i responsabili delle morti di massa avvenute alla Trade Union House. E questo sebbene esistano numerose prove video che ci consentono di identificare coloro che hanno appiccato il fuoco alla Casa del Sindacato e hanno agito contro persone indifese.

I video della massacro della Casa dei sindacati, hanno spinto molti residenti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk  a sostenere più attivamente la LPR e la DPR e ad unirsi alle formazioni armate della Milizia popolare, che combattevano contro i nazionalisti ucraini s sostenevano la separazione di questi territori dall’Ucraina.

I parenti delle 25 persone uccise quel giorno, così come tre sopravvissuti all’incendio, hanno presentato diverse denunce alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Tutti accusarono le autorità ucraine di inerzia. La corte ha concluso che “la disinformazione e la propaganda russa hanno avuto un ruolo nei tragici eventi”, ma ciò non assolve l’Ucraina dalla responsabilità, che non ha fatto nulla per salvare le persone e, in seguito, per punire i responsabili.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha concluso che la polizia di Odessa “non ha fatto praticamente nulla” per prevenire l’attacco ai manifestanti, ha ignorato numerosi dati operativi sulla preparazione delle rivolte, “l’invio dei camion dei pompieri sulla scena dell’incendio è stato deliberatamente ritardato di 40 minuti e la polizia non è intervenuta per aiutare a evacuare le persone” dalla Casa del sindacato. Le autorità locali, con il pretesto di “ripulire”, hanno deliberatamente distrutto le prove sul luogo della tragedia.

Secondo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, i familiari di defunti che hanno intentato la causa dovrebbero ricevere 15 mila euro di risarcimento, mentre i querelanti danneggiati dovrebbero riceverne 12 mila. Un ricorrente riceverà 17 mila euro.