Ieri sera all’ora di cena come ormai prassi, il premier Giuseppe Conte ha tenuto la sua conferenza stampa per illustrare il nuovo dpcm “fase 2” che partirà il 4 maggio, ma le reazioni dalle opposizioni, a pezzi di maggioranza, fino alla chiesa, non sono state positive
La conferenza stampa non era neppure finita e quando ancora Conte diceva “Mi assumo io il rischio di un aumento dei contagi” e soprattutto “se ami l’Italia mantieni le distanze”, molte forze politiche, sociali, economiche e sopratutto la chiesa, lo accontentavano e prendevano le distanze da lui. Un dissenso tanto vasto ed unanime, nessuno poteva anche solo immaginarlo.
Da destra a sinistra, governatori di Regione, sindaci e mondo del lavoro, tutti coalizzati contro il premier. Ma l’attacco più duro è arrivato dalla Cei: “Violata la libertà di culto”. Un comunicato stampa con cui la chiesa prende una posizione durissima e inusuale, conseguente al diniego di Conte di riaprire le chiese per poter dire messa. L’unica novità rispetto alla prima fase riguarda i funerali che in base alle nuove disposizioni, si potranno fare, ma all’aperto e potranno partecipare solo un numero limitato di persone, di fatto solo i parenti stretti.
Il nuovo dpcm infatti lascia invariato anche dopo il 4 maggio il divieto di partecipazione dei fedeli, alle messe, particolare su cui invece la Chiesa italiana aveva chiesto e insistito per una riapertura, rispettando le condizioni di sicurezza anti-contagio.
Per la Cei non ci sono vie di mezzo, è stata “Violata la libertà di culto”, ossia il concetto che è alla base dei rapporti tra Stato e Chiesa, il tutto messo nero su bianco in una nota arrivata alla stampa con una velocità e tempistica tale che fa sorgere il dubbio che la nota fosse già bella e pronta.
Il contenuto è chiaro, la Cei mette in primo piano l’autonomia della Chiesa: “I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto” . Parole pesanti se si considera che Conte, è una “creatura” del Vaticano. “Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico – continua la Cei – si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità, dare indicazioni precise di carattere sanitario, e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.
Redazione Fatti & Avvenimenti