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Covid 19. Scarcerazioni boss mafiosi, Ardita (CSM): “A monte c’è l’errore politico della legge svuota-carceri”


“Il nesso di casualità, indimostrato, tra carcere e contagio del virus ha trovato spazio in un provvedimento del governo” e così “si è ritrovato il tutto nei provvedimenti della magistratura di sorveglianza che ha ripreso per i mafiosi le medesime preoccupazioni espresse dal Governo. E così i mafiosi sono stati scarcerati”

“Sono andati in fumo fatica, costi e credibilità della giustizia. Scarcerare i boss significa dimenticare cos’è Cosa Nostra. Finchè esiste Cosa nostra è necessario il 41bis. Solo che la nuova linea di Cosa nostra, quella della distensione nata dopo le stragi dall’alleanza tra Provenzano e Santapaola, rende invisibili i fenomeni e porta già a casa alcuni risultati”, Sebastiano Ardita, membro togato del Csm, commenta così le recenti scarcerazioni, anche di mafiosi del calibro di Pasquale Zagaria e Francesco Bonura, in una intervista rilasciata al giornalista Gianni Barbacetto per “Il Fatto Quotidiano”.

Sebastiano Ardita che, in passato, è stato anche componente della Direzione Distrettuale Antimafia e Direttore Generale dell’Ufficio Detenuti, individua le responsabilità politiche della scandalosa vicenda in atto il Governo e il Ministro hanno responsabilità nella misura in cui hanno risposto alle rivolte dei detenuti con una legge svuota-carceri. Ciò ha contribuito a sbilanciare fortemente il rapporto tra prevenzione penitenziaria e diritti individuali fino a far ritenere prevalente un rischio indimostrato per la salute individuale rispetto ad un danno certo per la prevenzione antimafia derivante dalla uscita dei boss”.

“I mafiosi erano esclusi, almeno sulla carta, rispetto alla detenzione domiciliare concessa dal Cura Italia, ma grazie a quella iniziativa hanno beneficiato di un effetto domino nei procedimenti per incompatibilità col regime carcerario che si basano su altri presupposti” sostiene Ardita e continua affermando che “il nesso di casualità, indimostrato, tra carcere e contagio del virus ha trovato spazio in un provvedimento del governo ed è stato semplice trasferire questo concetto in una circolare del DAP che lo ha fatto proprio lanciando l’allarme sui nessi tra patologie pregresse e infezione (ma senza la prova che il carcere la favorisca)”.

“Infine – sottolinea il magistrato – si è ritrovato il tutto nei provvedimenti della magistratura di sorveglianza che ha ripreso per i mafiosi le medesime preoccupazioni espresse dal Governo. E così i mafiosi sono stati scarcerati con provvedimenti che, tra le altre motivazioni, contengono anche il riferimento al pericolo di contrarre in carcere il virus”.

“E poi chi lo dice che in carcere esista un rischio maggiore per la vita dei detenuti? “ad oggi – conclude Ardita – questa prova non c’è, ma c’è l’indizio opposto. Sono morte per coronavirus 26.383 persone libere e solo una persona detenuta che, peraltro, ha contratto il virus mentre era in ospedale e non in carcere”.

 

di
Gaetano Montalbano