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Dopo l’India anche la Cina sfida gli Usa e compra petrolio russo scontato, mentre l’Europa litiga sul 6° embargo

La Cina sta trattando ingenti quantitativi di petrolio russo a prezzo scontato come già fatto dall’India per ricostituire le sue scorte strategiche. Schiaffo agli Stati Uniti da parte di Pechino che rafforza i legami energetici con Mosca


L’Europa litiga tra i vari Stati per approvare il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia che contiene l’embargo al petrolio, senza però riuscirci per il veto dell’Ungheria che giudica la misura “autolesionista” per i propri interessi economici e che al contempo non farebbe danni, almeno rilevanti a Mosca. Ai magiari si aggiungono Slovacchia e Repubblica Ceca che hanno chiesto tempo.

Ed in effetti guardando ai fatti appare evidente che i russi, prima ancora di essere “abbandonati”, stanno spostando le vendite di gas e petrolio verso altri mercati più redditizi, operazione che renderebbe irrilevante perdere le consegne in Europa.

In quest’ottica, dopo l’India, che in aprile è diventato il maggiore importatore di petrolio russo al mondo a prezzo scontato, – come riporta Bloomberg citando una fonte vicina al dossier – tra Russia e Cina sono in corso trattative a livello governativo per fare lo stesso tipo di contratto e questo con uno scarso coinvolgimento diretto da parte delle compagnie petrolifere mondiali.

L’obiettivo cinese è anche di ricostituire le riserve strategiche e l’operazione sarebbe vantaggiosa per entrambe le parti. Per i russi vendere con lo sconto non è un problema, i prezzi del petrolio in seguito alla crisi in Ucraina, sono schizzati in alto in maniera abnorme ed uno sconto non cambierebbe gli utili. Anche per la Cina si sarebbero solo vantaggi, un potenziale acquisto infatti sarebbe un’opportunità per ricostruire le riserve strategiche sfruttando anche il precedente delle operazioni con Mosca già firmate dall’India, diventata in aprile il maggior importatore di greggio russo ‘urals’.

Uno schiaffo a Stati Uniti e Gran Bretagna che si sono invece impegnati a vietare l’import di greggio russo, operazione che al momento non sta riuscendo, in primis nel mondo ma anche in Europa  a causa dei veti. Anzi i Cinesi hanno continuato a ricevere carichi provenienti dall’Iran e dal Venezuela, Paesi anche questi sotto le sanzioni americane.

Le raffinerie in Cina hanno finora comprato senza problemi greggio russo anche dopo l’invasione dell’Ucraina. Pechino è il più grande importatore mondiale di petrolio e questo nonostante la domanda interna ad aprile sia scesa del 6,7% a causa dei lockdown imposti per frenare l’ultima ondata di Covid. La Cina non rivela pubblicamente l’entità delle sue scorte, ma secondo stime di settore la nazione avrebbe la capacità di immagazzinare più di 1 miliardo di barili tra fini commerciali e strategici.

La società di consulenza Kpler le ha valutate in 926,1 milioni barili, rispetto agli 869 milioni di barili di metà marzo, ma comunque il 6% in meno rispetto al record di settembre 2020. In confronto, gli Stati Uniti hanno riserve strategiche per 714 milioni barili, scese attualmente a circa 538 milioni di barili. La Cina ha venduto greggio nel 2021 nello sforzo congiunto con Usa, Giappone, India e altri Paesi per favorire un calo dei prezzi sui mercati, anche se non è chiaro – ha ricordato Bloomberg – se abbia dato fondo proprio a quelle strategiche.