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Fondazione Gimbe: “circa 5 milioni di lavoratori non vaccinati” venerdì 15 potrebbe essere un problema per le aziende

L’allarme arriva dal presidente della Fondazione Gimbe, Cartabellotta. Con questi numeri, è evidente che le aziende potrebbero trovarsi in difficoltà. D’altronde fare 12-15 milioni di tamponi a settimana sarebbe difficile

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in un’intervista a Radio Cusano Campus, anticipa ciò che potrebbe succedere venerdì prossimo quando il green pass diventerà obbligatorio nei luoghi di lavoro. “Noi oggi abbiamo raggiunto una percentuale importante di vaccinati, – dice Cartabellotta- forse anche inimmaginabili fino a qualche mese fa. Bisogna però anche tenere conto che oggi abbiamo 8,4 milioni di italiani over 12 che non hanno fatto nemmeno una dose, tra questi ci sono 4-5 milioni in età lavorativa”.

Con questi numeri le preoccupazioni che le aziende, non potendo licenziare e quindi non assumere altro personale, possano trovarsi senza dipendi perché sospesi, diventano fatti con cui fare i conti.

“L’obbligo di green pass per tutti i lavoratori – continua il il presidente della Gimbe – finora ha prodotto un effetto modesto sulle vaccinazioni mi aspettavo di più in questo senso. Se questi 4-5 milioni di lavoratori non si vaccineranno in questa settimana bisognerebbe fare 12-15 milioni di tamponi a settimana e questo non sarebbe proprio fattibile perché non abbiamo questa capacità produttiva. La soluzione è che questi 4-5 milioni di lavoratori si vada a vaccinare oppure bisognerà andare verso un obbligo vaccinale”.

Ma la soluzione che auspica Cartabellotta appare difficile da attuare, infatti chi ha deciso di non vaccinarsi se non lo ha fatto fino ad oggi, difficilmente cambierà idea.

Rimane l’ipotesi proposta da Matteo Salvini del tampone rapido con validità a 72 ore.Di fatto la validità del tampone molecolare è già stata estesa a 72 ore – precisa Cartabellotta- però ha dei costi molto superiori rispetto a quello antigenico e i tempi di risposta non sono immediati. Il problema reale è che le 48 ore fissate per il tampone rapido rappresentano un ragionevole compromesso che sta a metà tra politica, esigenze sociali, scienza e la reale affidabilità del tampone che in altri Paesi d’Europa viene richiesto ogni 24 ore. Più ci si allontana dal momento in cui viene effettuato il tampone più aumenta la possibilità di contagio”.