Arriva la circolare sul Green pass che dovrebbe chiarire i dubbi sull’obbligo di controllo da parte dei gestori, che potranno farlo, na solo “in alcuni casi”
Dopo l’intervista del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che sostanzialmente aveva detto che i gestori ai clienti non dovevano chiedere documenti ma solo il green pass, arriva una circolare che nelle intenzioni del ministro dovrebbe chiarire tutti i dubbi generati. Ma il pasticcio è evidente e la pezza serale rischia di essere peggio del buco.
La Lamorgese lunedì aveva detto che “il controllo del green pass nei ristoranti non può essere a carico dei gestori e neppure dei poliziotti che hanno altro e di più importante da fare”. Poi ha aggiunto: “Scriveremo tutto in modo chiaro nella circolare di attuazione del provvedimento”.
Secondo i bene informati, l’uscita del Ministro ha irritato e non poco il premier che ieri ha chiamato al telefono la ministra, invitandola, pare con “toni seccati”, a chiarire quanto aveva detto qualche ora prima e a scrivere una circolare che non smentisse lo spirito del strumento green pass e al tempo stesso ne tutelasse la funzione e l’efficacia. Tradotto: garantire standard di vita “normali” seppur conviventi con la pandemia, quindi non chiudere più le attività, tutelare la salute e invitare il più possibile i cittadini a vaccinarsi.
E così in poche ore viene redatta la circolare, – QUI IL LINK IN pdf – formata da quattro pagine, il cui punto dirimente è a pagina 3, dove, come spesso accade, con linguaggio non sempre cristallino ma possiamo comprenderne il motivo, viene scritto che gli esercenti non devono sempre e per forza chiedere i documenti ma possono farlo in caso “di dubbio”.
Nella pratica, quando un qualsiasi poliziotto potrà dire con certezza se il “dubbio” c’era o meno? In qualche caso è facile, come ad esempio un ristoratore che conosce il cliente abituale, ma i casi dubbi potrebbero essere molteplici.
I ristoratori – si legge nelle circolare – non devono chiedere i documenti di identità ai clienti per verificare la validità del green pass. Ma devono farlo “necessariamente nei casi di abuso o di elusione delle norme”, ad esempio in caso di “manifesta incongruenza” della certificazione verde con i dati anagrafici in essa contenuti. La verifica del gran pass è invece “un vero e proprio obbligo”.
Sulla questione è intervenuto, anche perché chiamato in causa, il Garante della Privacy, che ha risposto ad un quesito rivolto dalla Regione Piemonte. Il Garante ha chiarito che anche gli esercenti di ristoranti e bar possono verificare l’identità dei loro avventori chiedendo di esibire il green pass dove richiesto.
La circolare precisa anche che l’obbligo delle verifica incombe anzitutto sui pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni, “notoriamente muniti del potere di identificazione delle persone per fini di controllo stabiliti a vario titolo dalla legge”. Il dpcm (17 giugno 2021) a cui la circolare fa costante riferimento, indica altre tre categorie di “controllori”’: il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, i cosiddetti steward; i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi dove si accede con green pass; il proprietario di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività con green pass.
Una circolare dunque scritta camminando sulla lama del rasoio, attenta a non smentire il ministro che aveva ammesso in sostanza l’impossibilità di fare controlli (né gli esercenti che non sono pubblici ufficiali; né le forze dell’ordine che hanno altro da fare) e a non smentire il governo che ha imposto il green pass come fosse l’unica salvezza. Insomma la solita legge all’Italiana.