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Guardia Costiera greca spara su nave cargo turca: salgono ancora tensioni tra Grecia e Turchia

Nuovo episodio acuisce le tensioni tra i due Paesi, ma il motivo della contesa tra i due membri Nato è il dominio per il Mediterraneo orientale e i suoi giacimenti di gas nel contesto della crisi energetica europea

Ancora un episodio di duro scontro tra le forze Atene e Ankara. Due barche della Guardia Costiera greca, sabato scorso, hanno sparato contro la nave cargo “Anatolian”, battente bandiera delle Comore in acque internazionali.

A soccorrere l’Anatolian a undici miglia al largo dell’isola sudoccidentale di Bozcaada, in Turchia – che da un video diffuso sui social e dall’agenzia governa di stampa turca Anadolu si vede essere stata bersaglia da diversi colpi d’arma da fuoco con tanto di vetri delle cabine sfondati dai proiettili greci – è stata la Marina turca con due sue navi, il cui intervento ha fatto lasciare l’area alle imbarcazioni militari greche.

L’Anatolian ha un equipaggio di 18 persone – sei egiziani, quattro somali, cinque azeri e tre cittadini turchi – ed “è stata attaccata mentre navigava in acque internazionali”, ha fatto sapere il comando della guardia costiera turca, che ha specificato che non c’è stata nessuna vittima. La nave, dopo essere stata scortata dalla Guardia Costiera turca, è ora ancorata nello stretto dei Dardanelli. Nel frattempo, sono state avviate indagini sul caso.

Intanto, pare che la Guardia Costiera greca abbia ammesso di aver sparato “colpi di avvertimento” contro una nave da carico turca, ma ha giustificato il fatto riferendo che l’imbarcazione avrebbe compiuto movimenti “sospetti” nelle acque territoriali greche – a nord-ovest dell’isola di Lesbo – e di aver chiesto al capitano del cargo di fermarsi per un’ispezione a bordo. A seguito del diniego a fermarsi della nave cargo, sarebbe partito l’inseguimento e la sparatoria.

Questo nuovo “incidente” che ha coinvolto i militari di Atene e Ankara arriva a poche settimane di distanza dall’accusa della Turchia secondo cui, il 23 agosto scorso, la Grecia avrebbe puntato i propri sistemi di difesa anti-aerea S-300 (di fabbricazione russa) contro una squadriglia i caccia F-16 turchi che erano in missione nel Mediterraneo nello spazio aereo internazionale. Secondo Ankara, il radar di tracciamento del bersaglio e di guida missilistica del sistema S-300 greco avrebbe agganciato uno degli F-16 che si trovava in missione a una quota di 10.000 piedi (circa 3.000 metri) a ovest dell’isola di Rodi, con un missile terra-aria.

Per questo fatto, il primo settembre scorso il ministero della Difesa turco ha inviato le registrazioni radar delle attività ostili degli S-300 greci nei confronti dei caccia F-16 turchi al segretariato generale della Nato e ai ministeri della Difesa dei Paesi membri dell’Alleanza.

E’ evidente che continua dunque aspramente la contesa per il Mediterraneo orientale che negli ultimi anni ha visto contrapporsi Grecia e Turchia, entrambi membri NATO. Solo per dirne una, la Turchia sostiene che dall’inizio del 2022 i caccia da combattimento greci hanno violato lo spazio aereo turco 256 volte e compiuto azioni ritenute ostili contro l’aviazione di Ankara ben 158 volte.

Il fulcro del problema tra le due nazioni – oltre a vari contrasti di natura storica che probabilmente mai si assopirano del tutto – è il controllo sul mare appartenente ufficialmente alla Grecia, ma su cui la Turchia continua a rivendicare diritti. Il governo turco infatti contesta la mappatura delle acque territoriali e delle zone economiche esclusive della Grecia, pretese che si sono fatte più pressanti dopo la scoperta di importanti giacimenti di gas nei dintorni di Cipro. Evidente infatti il valore economico e strategico che i nuovi giacimenti assumono con la crisi energetica conseguente alle sanzioni NATO-UE alla Russia per via della guerra in Ucraina.