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Il Consiglio d’Europa boccia il green pass per punire i non vaccinati: “è discriminatorio e contrario alla scienza”


L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa con un voto a larga maggioranza, ha bocciato l’uso del green pass per punire i non vaccinati definendolo “discriminatorio”: il concetto di passaporto vaccinale è “contrario alla scienza”

Un rapporto approvato a fine gennaio a larga maggioranza dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha bocciato l’utilizzo delle certificazioni per punire i non vaccinati. I membri dell’organizzazione con sede a Strasburgo, distinta dall’Ue, istituita nel 1949 dalla Convenzione europea dei diritti umani con 47 Paesi firmatari, tra cui l’Italia, hanno deciso che l’obbligo di vaccinazione, introdotto (formalmente o surrettiziamente) nella maggior parte dei Paesi europei, è discriminatorio.

Il documento invita gli Stati ad “informare i cittadini che nessuno deve farsi vaccinare se non lo vuole” e a “garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato”. Secondo il testo (intitolato Vaccini Covid-19: questioni etiche, legali e pratiche), il concetto di passaporto vaccinale è “contrario alla scienza”, in assenza di dati sull’efficacia dei vaccini nel ridurre la contagiosità e sulla durata dell’immunità acquisita.

Va precisato che il voto, non ha carattere vincolante, ma di fatto scredita i decreti del governo di Mario Draghi che penalizzano i non vaccinati con divieti volti testualmente alla “prevenzione di SarsCov2” ossia alla neutralizzazione di infezioni e contagi. I vaccini approvati dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) si sono rivelati efficaci nel prevenire le forme gravi del Covid (ricoveri e decessi), ma come dimostrano i trial clinici, bugiardini e studi condotti sulle varianti Delta e Omicron, non impediscono al virus di infettare l’organismo e trasmettersi a terzi.

Secondo il dossier consegnato recentemente al Senato dall’avvocato Renate Holzeisen, decadrebbe anche il mutuo riconoscimento tra i Paesi dell’Ue delle certificazioni vaccinali che, secondo la normativa comunitaria, è subordinato ad evidenze scientifiche sull’interruzione delle catene di trasmissione.

Una settimana prima era stato il Comitato internazionale per l’etica della biomedicina (Cieb) a prendere di mira l’Italia.

La rete scientifica internazionale creata da docenti ed esperti per promuovere un dibattito critico sulla gestione politica della crisi Covid ha chiesto l’abolizione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 e del Green pass. Ha invitato gli altri Paesi e le organizzazioni internazionali a fare pressioni sul governo italiano affinché ponga fine alla “sperimentazione di massa di un medicinale sperimentale impropriamente denominato vaccino”.

Secondo le autorità di regolamentazione, il vaccino anti-Covid (nozione nella quale si fanno ufficialmente rientrare anche i prodotti mRna di Pfizer e Moderna che inducono la risposta immunitaria con interventi genetici anziché esponendo l’organismo a parti di virus inattivo come si fa coi metodi tradizionali) è uscito dalla fase sperimentale con l’ultimazione dei trial clinici e l’autorizzazione alla commercializzazione. Ma questa lettura cozza con il fatto che l’Ema abbia condizionato la propria autorizzazione all’obbligo per le case farmaceutiche di condurre ulteriori studi (Pfizer dovrà consegnare i suoi entro dicembre 2023) per esaminare la durata di protezione dei vaccini e gli eventuali effetti avversi, finora ignoti per la rapidità con cui sono stati completati i trial , dimostrerebbe per i critici come Holzeisen che i vaccini sono ancora in fase di sperimentazione.

E’ questa l’interpretazione su cui si fanno leve le associazioni civiche che negli ultimi mesi hanno presentato esposti alla Corte penale internazionale de L’Aia (in Olanda) per crimini contro l’umanità, secondo le quali: “le imposizioni dei trattamenti con sostanze sperimentali col ricatto (privazione di diritti fondamentali come quello al lavoro, ai servizi pubblici e alla libera circolazione)”.

L’avv. Holzeisen si riferisce in particolare all’art 7 dello Statuto della Corte, a cui sono già stati denunciati Bill Gates, tra i principali finanziatori dei vaccini e Anthony Fauci, direttore dell’Istituto delle malattie infettive degli Stati Uniti.

I ricorrenti invocano il Codice di Norimberga, redatto nel 1946 per impedire il ripetersi delle atrocità mediche commesse dai nazisti, in virtù del quale le persone devono poter dare il proprio consenso alle cure mediche sperimentali senza alcuna costrizione.