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Il voto su Rousseau dà il via alla scissione, Di Battista dice addio, ma non sarà il solo: il PD si è “divorato” il M5S


Beppe Grillo, con la favoletta del super-Ministero dell’Ecologia ammalia i grillini – ma non tutti – , ma è una vittoria di Pirro, il movimento si spacca e Di Battista, dopo il sì al governo Draghi, lascia e si porterà dietro un bel po’ di parlamentari


Alessandro Di Battista non ce l’ha fatta, dopo il sì (59,3%), poco più della metà dei votanti su Rousseau al governo Draghi, annuncia il suo addio ai Cinque Stelle: “Accetto il voto, ma stavolta non ce la faccio. Da tempo non sono d’accordo con scelte fatte dal M5s e altro non posso che farmi da parte. Non mi riconosco più e non posso più parlare a nome del M5s perché in questo momento loro non parlano a nome mio. Ce la posso mettere tutta a difendere determinate scelte che magari non ho condiviso, ma questa no. Mi faccio da parte e parlerò solo a nome mio. A riveder le stelle”.

Di fatto è la tanto temuta, dell’ala governista, scissione. Di Battista, il duro e puro se ne va e con lui andranno via anche alcuni deputati, pare sette e sei senatori oltre ad un non ancora precisato numero di consiglieri comunali e regionali e anche qualche eurodeputato. Numeri al momento non confermati e minimizzati dai vertici del movimento, ma che con il passare delle ore e magari dopo avere conosciuto le nomine del nuovo governo Draghi, potrebbero, alimentati dagli “insoddisfatti”, aumentare e diventare una valanga.

La favoletta raccontata da Grillo del nuovo ministero della transizione ecologica promesso da Draghi, ha convinto anche i più ostili al nuovo governo, che hanno abboccato senza fiatare, come degli “imbecillotti”. Dal 2018 ad oggi al governo c’erano loro, che esprimevano anche il presidente del Consiglio. Sempre loro hanno scritto e presentato in due versioni il Recovery Plan. Il ministero dell’Ambiente era guidato dal grillino Sergio Costa e le deleghe da aggiungere venivano dal ministero dello sviluppo Economico, guidato dall’altro grillino Stefano Patuanelli. Ma allora, se questo ministero era proprio così importante, perché Grillo e i suoi non l’hanno chiesto a Giuseppe Conte che avrebbe potuto crearlo per decreto? Mistero della fede. E deve essere proprio fede cieca se tanti militanti hanno abboccato.

Ma ormai è fatta e i vertici sono pure contenti, non considerando che il movimento dopo la clamorosa elezione di poco meno di tre anni fa, con quel 33% conquistato a suon di “Vaffa”, ha dilapidato il patrimonio umano ed ora, secondo gli ultimi sondaggi sarebbe al di sotto del 15%, superato persino da Fratelli D’Italia.

L’artefice di questo crollo, è inutile nasconderlo è stato quel Pd che gli italiani con il loro voto del 2018 avevano chiaramente detto di non voler vedere più a Palazzo Chigi e nei ministeri, ma che con un lavoro sotterraneo ha divorato il M5S. Chi non ha memoria corta, ricorderà che Matteo Salvini, che li aveva assecondati con il reddito di cittadinanza, la spazzacorrotti con le nuove norme contro la prescrizione, la legge costituzionale per il taglio dei parlamentari etc…, tutte cose votate dalla Lega controvoglia e avversate da tutti gli altri in Parlamento, perse le staffe, quando i grillini a Bruxselles votarono per Ursula von der Leyen. In quel momento Salvini capì che il movimento lo stava tradendo e fece saltare il governo, che senza battere ciglio in pochi giorni divento 5S – Pd.

Da quel momento i pentastellati non hanno più toccato palla e non sono riusciti a fare approvare nessuna loro legge, mentre il Pd nei fatti è diventato sempre più egemone, fino a far fare il “lavoro sporco” a Renzi e condurli mano nella mano nelle braccia di Mario Draghi.

Certo per convincere i militanti a “baciare le mani al drago” c’è voluto un video di Beppe Grillo, nel quale ha trattato i militanti da scemi, vendendo la storiella del premier incaricato più grillino di tutti loro, ma quello che conta è il risultato finale: “la scissione”.