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Italia senza scorte armi: “se Paese venisse attaccato capaci di resistere per massimo 72 ore”

Con il supporto “illimitato” dato all’Ucraina, le scorte di armi dell’esercito italiano si sono esaurite e se qualcuno ci attaccasse non potremmo difenderci se non per un paio di giorni al massimo

A spiegare bene, come stanno davvero le cose sono fonti accreditate della Difesa, che lamentano l’esiguità delle scorte di esplosivi e polvere da sparo nei nostri depositi, circostanza che assume un rilievo di sicurezza nazionale. Le Forze Armate italiane, ma anche quelle del resto d’Europa, attualmente hanno uno “scarso livello di munizionamento” ed in caso di attacco le metterebbe in seria difficoltà.

A determinare questa situazione, non c’è dubbio, è stata la guerra in Ucraina, come ormai noto infatti, le nostre armi con relative munizioni sono stati inviate a Kiev, ma a ciò si aggiunge il fatto che nell’ultimo decennio, non essendoci domanda di acquisto di armi, i due terzi delle aziende produttrici Italiane hanno chiuso i battenti, ma adesso con con la guerra in Ucraina, dove le munizioni e le armi “vanno via come le patatine”, tutti i Paesi della Nato sono costretti ad una corsa affannosa per aumentare le riserve, cosa non facile e vediamo perché.

Produrre armi e munizioni è un processo che richiede molto tempo, mentre per consumarle ci vuole un attimo e le aziende produttrici non sono in grado di gestire la mole di richieste che il momento richiede. Inoltre alle ditte servirebbero investimenti ingenti, che solo se avessero commesse stipulate e sopratutto in parte già pagate, potrebbero mettersi in moto, ma senza “soldi” i produttori hanno una capacità ridotta, per essere chiari, anche se arrivassero gli ordini, la consegna per le munizioni sarebbe a tre anni e quella per i missili a sei .

Ecco perché lo sforzo per sostenere Kiev, ha determinato lo svuotamento degli arsenali italiani di munizioni di artiglieria pesante e leggera e come confermano dal Copasir “Sugli scaffali dopo sei decreti di aiuti all’Ucraina non è rimasto molto”. Il governo nel tentativo di metterci una pezza, ha chiesto aiuto a Washington, ossia a coloro che ci hanno “consigliato” di inviare tutto ciò che avevamo in Ucraina, ma dagli Stati Uniti hanno risposto che “bisogna mettersi in fila”, una fila molto lunga, perché tutti gli Stati dell’Unione europea, hanno inviato le loro scorte a Kiev. La situazione è talmente grave che nell’ultima riunione dell’Ue i ministri hanno deciso di attingere anche ai fondi di coesione per acquisti comuni.

Ma torniamo ai problemi Italiani, da tempo, gli alti ufficiali dello Stato maggiore ammoniscono i vari politici che si sono susseguiti al governo, spiegando che in queste condizioni, se il Paese venisse attaccato, “la capacità di resistenza sarebbe valutata tra le 48 e le 72 ore”.

Ma i problemi non sono finiti, il munizionamento, anche se lo si ha, deve essere periodicamente sostituito, perché prodotti come bombe e missili “scadono” dopo un certo periodo e smettono di essere efficienti e rischiano persino di diventare pericolosi. A confermare questo aspetto, la scorsa settimana è stato il Financial Times, che ha rivelato che venti cannoni semoventi M109L donati dall’Italia all’Ucraina sarebbero “inutilizzabili” e lo stesso Zelensky, qualche mese fa disse che il materiale consegnato da una forza alleata “non ha funzionato in combattimento”.

Mai problemi non sono ancora finiti, secondo un resoconto stilato dalla Difesa ai tempi del governo Draghi, il grado di efficienza dei carri corazzati dell’Esercito “è ridotto al 25-30%” per l’obsolescenza del materiale e la “cannibalizzazione” dei pezzi di ricambio. L’unica a vantare mezzi di ultima generazione è l’Aeronautica, ma non dispone di una coerente quantità di missili, e sebbene sia stata decisa l’acquisizione di sofisticate batterie anti-missile, servirà molto tempo prima di installarle. Anche la Marina è all’avanguardia ma ha carenza di personale e in condizioni di combattimento disporrebbe di munizioni per una settimana.

Dunque per l’Italia e non solo, ripristinare le scorte è diventata una questione strategica, ma mancano soldi e sopratutto “tempo” per produrle … nel frattempo possiamo solo sperare che nessuna potenza straniera, conoscendo queste difficoltà decida di “approfittarne”.