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Kosovo. 10mila a Mitrovica: “Siamo Serbia”, Presidente Vucic: “Acquistati sistemi missilistici russi”

Il Presidente serbo Vucic: “I cambiamenti politici in Kosovo sono tettonici. Dopo 10 anni i serbi hanno deciso di lasciare le istituzioni al potere a Pristina” e annuncia l’acquisto di armi dalla Russia

Drastici cambiamenti politici si sono verificati nella regione separatista del Kosovo, ha detto il presidente della Serbia Aleksandar Vucic sul canale Tv Pink. Il presidente serbo ha parlato di “grandi cambiamenti politici e quasi tettonici” e che “i serbi hanno preso la decisione di lasciare le istituzioni governative di Pristina dopo un decennio”.

Gli agenti di polzia serbi del Kosovo, ufficiali e capi compresi, che lavorano ai posti di frontiera di Jarinje e Brnjak, nel Nord del Kosovo – che Belgrado considera una regione separatista -, hanno rassegnato le dimissioni in segno di protesta dopo il licenziamento di Nenad Djuric, il capo del dipartimento di polizia regionale settentrionale, che si era rifiutato di multare la popolazione serba per le nuove disposizioni sulle targhe. Pristina ha infatti ordinato di utilizzare le targhe del Kosovo per i veicoli, da usare al posto di quelle emesse da Belgrado.

Nella città settentrionale di Mitrovica sono state oltre 300 le dimissioni, riportate dai media serbi, e che fanno parte di un più ampio ritiro dei serbi del Kosovo dalle istituzioni statali che sta coinvolgendo magistratura, forze dell’ordine, pubblica amministrazione, parlamento e governo. 

Proprio a Mitrovica circa 10 mila serbi del Kosovo hanno manifestato ieri per affermare la loro appartenenza alla Serbia e il loro rifiuto alle autorità di Pristina: “Questa è la Serbia” è stato lo slogan principale dei manifestanti che sventolavano bandiere della Serbia, ha riportato l’agenzia di stampa serba Tanjung.

“Basta. Basta con gli abusi, i maltrattamenti, l’oppressione e le violazioni dei diritti dei serbi in Kosovo”, ha dichiarato alla protesta Goran Rakic, ex ministro delle Comunità regionali ora dimesso per protesta insieme ad altri 10 parlamentari e leader della Lista serba, principale partito serbo in Kosovo, sostenuto dal governo di Belgrado.

Si stima che circa 150.000 persone di etnia serba vivano in Kosovo, regione che ha ottenuto unilateralmente l’indipendenza dalla Serbia nel 2008 ed è popolata principalmente da albanesi. Inoltre, altri 200.000 “serbi dal Kosovo” vivono da profughi in Serbia dalla fine degli anni novanta.

Il rischio internazionale

Il governo serbo ha respinto come “inaccettabile” una proposta di Germania e Francia di normalizzare le relazioni con il Kosovo, a partire dal riconoscimento dell’indipendenza della ex regione serba. L’Unione Europea ha fatto sapere che il peggioramento dei rapporti tra Pristina e Belgrado “mette in difficoltà la situazione della sicurezza nella regione”.

Il problema è che questa volta la regione, la sua sicurezza e il rischio di “propagazione dell’incendio” è ancora più vicino all’Italia ed al cuore dell’Europa.

Belgrado e Pristina hanno difficoltà a coesistere sotto lo stesso cielo, la storia delle targhe è la goccia capace di far traboccare il vaso. Per Belgrado, Pristina è un’istituzione voluta dall’Occidente della Nato – NATO che ha bombardato senza scrupoli Belgrado, una ferita ancora apertissima per i serbi che non per niente sono politicamente molto più vicini a Mosca che a Bruxelles – per strappare il Kosovo alla Serbia, per i serbi in Kosovo, oltre che una questione politica, è una questione di identità e di trattamento, di dignità.

Tutto ciò rischia di sfociare in un nuovo conflitto. I reparti antisommossa kosovari sembra che siano pronti a reprimere le manifestazioni pro-Serbia appena arriverà l’ordine, oltre la frontiera Belgrado ha potenziato lo schieramento delle sue forze e le ha messe in allerta dopo l’avvistamento di droni sospetti. “Non ci stiamo preparando alla guerra, ma non possiamo essere completamente impreparati a tutto ciò che accade”, è stato detto da Belgrado.

Così, mentre Pristina con il premier Albin Kurti accusa Belgrado di “stare diventando uno strumento del Cremlino”. Il presidente della Serbia Aleksandar Vucic ha riunito i suoi ministri, incontrato il patriarca ortodosso Porfirije e gli ambasciatori russo e cinese per discutere la situazione nel Kosovo, dichiarando che difenderà “gli interessi nazionali vitali”.

E di oggi inoltre la notizia di Tass secondo cui la Serbia ha stipulato un contratto con la Russia per l’acquisizione del moderno sistema di guerra elettronica Krasukha e del sistema missilistico di difesa aerea Pantsir. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente del paese Aleksandar Vucic sul canale televisivo Pink. “Ora abbiamo due Pantsir-S1 – sistemi missilistici di difesa aerea  -. Abbiamo anche ordinato l’M-1 – sistema Pantsir-S1M – dalla Russia, ma non può raggiungerci ora”, ha detto Vucic. “Voglio anche dire alla gente che abbiamo ordinato il Krasukha – sistema di guerra elettronica – e il Repellent – sistema EW anti-drone”, ha aggiunto il leader serbo.

Considerato il tipo di armamenti ed il pubblico sostegno russo alla rivendicazione di Belgrado sul Kosovo, pare dunque che una sorta di riarmo possa essere in atto.

Anche questo può tradursi in un problema non da poco per il Bel Paese: come ha recentemente ricordato il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “L’Italia è impegnata per la stabilità e la sicurezza nei Balcani occidentali”. L’Italia ha infatti anche la guida delle truppe Nato che dal 1999 sono in Kosovo: il generale Michele Ristuccia ha preso il comando meno di un mese fa sui 3762 militari di 27 nazioni: il contingente italiano è il più numeroso, con oltre 700 uomini.