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La Consulta “boccia” la riforma dell’acqua in Sicilia: Calpestata l’Autonomia e il referendum votato da 27 milioni di italiani


Una brutta pagina per la democrazia, il governo nazionale, si dimostra sempre più servo delle lobby e di fatto “se ne strafrega” della volontà degli elettori ignorando il voto referendario di 27 milioni di italiani.

La Corte costituzionale ha fatto carta straccia della riforma del sistema idrico approvata dall’Ars meno di due anni fa, censurandone i passaggi più importanti della legge e bocciando oltre una dozzina di norme, “bollate” come incostituzionali.

Secondo la Consulta che ha annullato la riforma,  il Parlamento siciliano ha legiferato su materie di esclusiva competenza dello Stato nazionale. Vediamo dunque quali punti sono stati cassati.

Il primo punto giudicato incostituzionale, è la fissazione delle tariffe dell’acqua e la durata e le modalità delle concessioni agli affidatari. In particolare quello che prevede un limite di nove anni per le concessioni ai privati, a fronte di una durata illimitata per le aziende già operanti.

Applicazione delle tariffe. La nuova legge attribuiva questo compito alla giunta regionale, che secondo Roma, violerebbe così le norme statali secondo cui spetta all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico il compito di definire, nell’ambito della convenzione tipo, le tariffe.

Infine bocciata la norma, che aprirà a nuovi ed incandescenti controversie, ovvero quella che prevede che gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali del Sistema idrico possano rimanere di proprietà degli enti locali. Dunque città come Menfi, secondo quanto stabilito dalla consulta, ora dovranno consegnare le reti a Girgenti Acque.

Durissimo e non poteva essere altrimenti, l’On Matteo Mangiacavallo del M5S: “Il governo regionale con Crocetta in testa, si è ‘genuflesso’ agli interessi del suo partito, non inpugnando la sentenza. Il governatore ha ignorato la volontà degli elettori nel referendum, ma questo non fermarà il cambiamento”.

Mangiacavallo poi va sugli aspetti pratici della sentenza: “adesso bisogna correre rapidamente ai ripari, cercheremo nel rispetto della legge, di fare approvare una norma che tamponi la falla creata da questa sentenza, in attesa ovviamente di risolvere la questione definitivamente”.

Anche secondo l’On. Panepinto, Rosario Crocetta,  avrebbe dovuto impugnare la sentenza, ma non l’ha fatto colpevolmente: “La sentenza della Corte Costituzionale che ha sostanzialmente cassato gli articoli che riguardano la gestione del servizio idrico in Sicilia e il modello tariffario – compresa la parte relativa al costo dell’acqua fornita da Siciliacque – di fatto azzera il referendum al quale hanno votato 27 milioni di italiani e calpesta l’Autonomia siciliana e le prerogative statutarie”.

Poi il vicecapogruppo all’Ars del Pd, rincara la dose: “È evidente che la grande lobby dell’acqua non pensi che sia una partita chiusa. Chi oggi festeggia questa sentenza dovrebbe ricordare che nel 2004 fu stipulata una convezione di 40 anni con una società per la gestione di risorse idriche, strutture e dighe pagate dai contribuenti siciliani. Credo che questa vicenda metta in discussione anche i rapporti fra il Partito Democratico, il governo regionale che non si è costituito di fronte ai giudici della Corte e che non ha applicato la legge in questi due anni, e il governo nazionale – conclude – che ha impugnato la legge”.

Di tenore totalmente diversa, è il commento di Mario Turturici, da sempre a favore del privato. Fu lui che a Sciacca, senza colpo ferire consegnò le reti a quella che sarebbe diventata la società più odiata dai saccensi.

“La sentenza con la quale la Corte costituzionale ha bocciato – scrive Turtutici – la riforma del sistema idrico approvata dall’Ars due anni fa, è la prova dell’estrema superficialità con cui il tema dell’acqua pubblica è stato trattato ai vari livelli”.

Una sentenza continua l’ex sindaco – che smonta tutto l’impianto: “Una legge che è servita solo a buttare fumo negli occhi, ne è prova che la stessa Regione non si è nemmeno costituita in giudizio per difendersi dalla impugnativa del governo nazionale dinanzi ai giudici della Corte Costituzionale”.

Non ce ne voglia Turturici e quelli che la pensano come lui, ma noi insieme a 27 milioni di italiani, la pensiamo diversamente e non si illudano… la partita non è chiusa.