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La Spagna volta pagina e vota a destra: Sánchez sconfitto nelle urne convoca elezioni anticipate per il 23 luglio

L’annuncio del premier spagnolo è arrivato a sorpresa: dopo la sconfitta elettorale ha convocato le elezioni anticipate per il 23 luglio.


Per i socialisti si tratta di una sconfitta pesante nelle elezioni amministrative e il premier Pedro Sánchez prendendone  atto questa mattina presto ha chiesto un incontro urgente al re Felipe VI e gli ha comunicato l’intenzione di sciogliere immediatamente il Parlamento per convocare elezioni anticipate per il prossimo 23 luglio.

Nelle elezioni amministrative di ieri il Partito Popolare si è imposto infliggendo una dura sconfitta al centro sinistra del premier Sánchez, che poco dopo si è presentato con tono grave davanti ai giornalisti al palazzo della Moncloa per leggere un breve comunicato in cui annuncia che la decisione verrà formalizzata oggi pomeriggio in Consiglio dei ministri per essere pubblicata domani sulla gazzetta ufficiale.

Il voto di ieri ha sancito il trionfo del Partito popolare e la debacle dell’alleanza progressista formata dai socialisti (guidati dallo stesso Sànchez) e dai partiti alla loro sinistra. La Spagna sarebbe tornata al voto a dicembre, ma il premier in carica dal 2 giugno 2018 ha preferito anticipare. “Serve un chiarimento della volontà del popolo spagnolo – ha spiegato Sànchez – un chiarimento delle politiche che il governo nazionale deve applicare e un chiarimento delle forze politiche che devono guidare questa fase. Esiste un solo metodo infallibile per risolvere questi dubbi. Questo metodo è la democrazia e, pertanto, credo che la cosa migliore sia che gli spagnoli prendano la parola e si esprimano senza indugio per definire la direzione politica del Paese”.

Il test elettorale era di rilievo, in oltre 8mila i Comuni e dodici Regioni si è votato e i risultati hanno sancito l’avanzata della principale formazione avversaria, i socialisti del Partito popolare, che si sono presi i voti dell’elettorato che fu di Ciudadanos, partito “di rottura” che si basa su una piattaforma liberaldemocratica e del quale quest’ultima elezione ha decretato quasi l’estinzione.

Dall’altra, a fronte di un calo tutto sommato lieve del Psoe, si registra un arretramento dell’elettorato alla sua sinistra rappresentato da Podemos e dall’area che si rifà a Diaz. Quest’ultimo non ha corso a queste amministrative ed era pronto a scendere in campo alle Politiche di dicembre, ma il dibattito si è consumato sull’ingresso (o meno) di Podemos in questa nuova sinergia elettorale.

Dall’altra parte il Partito popolare – prima forza in molti Comuni, anche non tradizionalmente di centrodestra, come Siviglia e Valencia – ha il grosso nodo da sciogliere sul suo futuro: governare oppure no insieme alla destra estrema di Vox? In molte città e Regioni il contributo della forza postfranchista sarà fondamentale per avere la maggioranza. Ed è probabile che questo possa rendersi necessario anche a livello nazionale.

Il leader del Pp Alberto Núñez Feijóo ha spesso ripetuto di non voler fare alleanze con Vox ma la realtà potrebbe essere più concreta dei desideri. Il tema delle alleanze è relativamente recente in Spagna, rispetto per esempio a quanto è sempre accaduto in Italia: il sistema politico è stato di fatto sempre bipartitico (popolari da una parte, socialisti dall’altra) fino all’avvento di formazioni di rottura come Podemos e Ciudadanos e più di recente della stessa Vox.