Era arrivati in Iran con un regolare visto di otto giorni il 13 dicembre scorso per svolgere servizi giornalistici, ma il 19 dicembre è stata fermata dalle autorità di polizia di Teheran e condotta nella prigione di Evin
Cecilia Sala, giornalista che oggi collabora con Il Foglio e con Chora Media, è stata arrestata giovedì 19 dicembre, inorno alle 12,20 nell’albergo in cui alloggiava a Teheran ed ora si trova nel carcere simbolo della repressione politica del regime senza che siano state ancora formalizzati i capi di imputazione o quantomeno confermata la notizia dalla magistratura iraniana. “Ancora non abbiamo i capi d’accusa” per Cecilia Sala “perché l’avvocato non ha ancora avuto la possibilità di visitarla in carcere. Speriamo che lo possa fare nei prossimi giorni e che possa avere quanto prima dei capi di imputazione precisi”, ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando con i giornalisti in Senato. I nostri servizi di intelligence sono in continuo contatto con Teheran per ottenere una spiegazione.
Cosa sappiamo
La giornalista dunque da giovedì si trova in una cella singola e non d’isolamento, hanno precisato dall’Iran, nella prigione di Evin, dove vengono detenuti dissidenti iraniani e cittadini stranieri. Il governo iraniano fino ad ora non ha comunicato pubblicamente le accuse contro la giornalista.
Proprio il fatto che il governo iraniano fino ad ora non ha comunicato pubblicamente le accuse, fa supporre che l’arresto di Cecilia Sala a Teheran, potrebbe non avere nulla a che vedere con il suo mestiere di giornalista.
Un’ipotesi che inizia a materializzarsi è che l’arresto della giornalista è la risposta all’arresto a Milano, avvenuto lunedì 16 dicembre, su ordine della giustizia americana all’aeroporto milanese di Malpensa, di Mohammad Abedini Najafabadi, cittadino iraniano sospettato di aver esportato componenti elettronici in Iran in violazione delle sanzioni USA. Poiché al momento questo signore si trova detenuto in carcere a Busto Arsizio in attesa dell’estradizione negli USA, è molto verosimile che Teheran il giorno dopo, abbia arrestato Cecilia Sala per avere una “merce di scambio” per negoziare la liberazione del proprio cittadino. Al momento è comunque solo un’ipotesi.
Se questo scenario fosse reale, sarebbe difficile stabilire i tempi che serviranno per ottenere la liberazione della giornalista italiana, ipotesi confermata dalle parole del ministro Tajani: “Difficile dirlo, io mi auguro che siano brevi, però non dipende da noi, noi stiamo cercando di risolvere una questione che è complicata e di garantire intanto che sia Cecilia Sala sia detenuta nelle migliori condizioni possibili, che possa ricevere visite consolari, che possa parlare con la famiglia e quindi che abbia un trattamento normale”.
A Palazzo Madama il Ministro ha spiegato che “il governo, dal giorno in cui è stata fermata Cecilia Sala, è al lavoro per cercare di riportarla in Italia. Stiamo lavorando in collaborazione con la presidenza del consiglio, il ministero degli Esteri, la nostra ambasciata a Teheran e il consolato”.
Cecilia Sala ha già parlato due volte con i genitori. Ieri ha ricevuto una visita consolare da parte della nostra ambasciatrice in Iran per circa mezz’ora. “È in buona salute, è in una cella da sola, a differenza della giovane Alessia Piperno che invece era in cella con altre persone che non parlavano nessuna lingua se non la loro. Adesso riceverà attraverso il Ministero degli esteri dell’Iran, su consegna della nostra ambasciata, beni di prima necessità”, ha concluso Tajani.
Intanto si apprende da fonti informate, che gli Stati Uniti hanno formalizzato la richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. La palla ora passa alla Corte d’Appello di Milano che dovrà valutare, in base alla documentazione arrivata dalle autorità americane, se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione. Ma la decisione finale, dopo il via libera della Corte d’appello, è esclusivamente del ministero della giustizia che ha 10 giorni di tempo per rendere effettiva l’estradizione.