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Legge & Diritto. Caduta sul marciapiede condominiale: si può essere risarciti? E da chi?


Subire una caduta sul marciapiede condominiale dà diritto al risarcimento? Vediamo qual è l’orientamento che si è sviluppato nelle aule dei tribunali

Occorre innanzitutto comprendere cosa si intenda per “marciapiede condominiale”: è il marciapiede che solitamente è antistante l’edificio e rientra tra le parti comuni ad uso di tutti i condomini, servendo per l’accesso al portone di ingresso o ad altre parti dello stabile.

Il marciapiede condominiale può essere di due tipi: ad uso pubblico, se insiste su strada pubblica o aperta al pubblico, oppure ad uso privato. Nel primo caso il marciapiede è di proprietà condominiale ma, continuando su strada pubblica o aperta al pubblico, può essere utilizzato da qualunque passante. Nel secondo caso, proseguendo su strada privata e non su suolo pubblico, è riservato esclusivamente ai condomini o comunque a chi deve accedere all’edificio condominiale.

Dunque, se un marciapiede condominiale aperto al pubblico transito presenta una buca da cui ne deriva un danno ad un passante, è responsabile il condominio?

La regola generale in tali ipotesi è contenuta nell’art. 2051 c.c., il quale recita che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. La natura di tale responsabilità è considerata dall’orientamento maggioritario una forma di responsabilità oggettiva. Ciò vuol dire che il custode del bene, cioè chi ne ha la materiale disponibilità, risponde dei danni in quanto tale, cioè non per non aver fatto qualcosa, ma per la sua posizione di garante. Nel caso delle parti comuni di un edificio in condominio è il condominio stesso ad assumere il ruolo di custode.

Si fa riferimento alla responsabilità del condominio figurativamente parlando, in quanto com’è noto il condominio è dotato di personalità giuridica, sicché essa va intesa come responsabilità solidale di tutti i condòmini.
Con riferimento ai danni da cose in custodia riguardanti cadute su marciapiedi, la giurisprudenza ha più volte affermato che “chi propone domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., in relazione alle condizioni di una strada […], ha l’onere di dimostrare le anomale condizioni della sede stradale e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato”.

Dal canto suo, il custode convenuto in risarcimento ha l’onere di dimostrare l’inidoneità in concreto della situazione a provocare l’incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno (Cass. 18 dicembre 2009 n. 26751).

Ai sensi dell’art. 2051 c.c., esclude la responsabilità del custode soltanto il caso fortuito, cioè il fatto imprevedibile ed eccezionale che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto. Orbene, il Tribunale di Crotone con la recentissima sentenza n. 581 del 20 giugno 2021 riprende un concetto affermato in precedenza dalla Cassazione, secondo cui può integrare il caso fortuito anche il comportamento del soggetto danneggiato. In particolare, il Tribunale con tale sentenza rigettava la domanda proposta da una signora (con la quale impugnava la sentenza emessa in primo grado dal Giudice di Pace di Crotone) nei confronti del Condominio volta ad ottenere il risarcimento del danno conseguente all’evento dannoso verificatosi in data 14.10.2015, verso le ore 18,30, quando l’appellante, mentre percorreva la strada, sul marciapiede di proprietà condominiale, a causa di una buca presente a ridosso del marciapiede, cadeva cagionandosi una frattura composta del piede destro.

Al riguardo, nel valutare i requisiti che la condotta del danneggiato deve assumere per avere rilevanza interruttiva del nesso causale, bisogna tenere in considerazione il dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.

La Suprema Corte ha affermato che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che il dedotto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”.

Sulla base di tale orientamento, si deduce che, in relazione al nesso causale tra il fatto e l’evento dannoso, il soggetto danneggiato deve dimostrare di avere tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza. Infatti, afferma il Tribunale, “la rottura dell’asfalto può essere tranquillamente evitata prestando la dovuta attenzione alla propria camminata allorquando la buca è ampia, ben visibile, facilmente evitabile con l’adozione di un comportamento più attento”.

Inoltre, anche nel caso in cui il danneggiato conosca la zona in cui transita e lo stato di insicurezza e pericolosità del marciapiede, il nesso di causalità difetterà e verrà meno il diritto dell’interessato ad ottenere il risarcimento dell’infortunio subìto. In sostanza, la caduta di una persona su una strada che ben conosce e che percorre ripetutamente sarà valutata in modo differente dalla caduta di chi è passato su quel tratto soltanto una volta.

È questa la conclusione alla quale è giunto il sopra citato Tribunale di Crotone. Sulla base di tale criterio ed alla luce delle prove ricavate, infatti, si escludeva che sussistesse la responsabilità del condominio per la caduta della signora sul marciapiede, in quanto la stessa aveva familiarità con il luogo in cui era avvenuta la caduta e conosceva la condizione “della strada, del marciapiede e, soprattutto, della presenza del tombino che, secondo quanto emerso dall’istruttoria espletata nel primo grado di giudizio, è stata la causa della caduta”.

In sostanza l’infortunata non era riuscita a dimostrare che lo stato dei luoghi presentasse un’imprevedibile ed inevitabile situazione di pericolosità nè di avere “tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza”, motivo per cui non le è stato riconosciuto il diritto al risarcimento.

 

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.