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Legge & Diritto. Corse clandestine non autorizzate… si rischia anche il carcere


Se l’organizzazione di corse clandestine accende il fuoco della passione dei guidatori più irriducibili, il diritto penale provvede a spegnerlo immediatamente. Perché organizzare, promuovere, agevolare e partecipare a corse clandestine è un reato grave, così come scommettere sull’esito delle stesse

Il codice della strada vieta lo svolgimento di competizioni sportive con veicoli o animali o quelle atletiche sulle strade e sulle aree pubbliche senza la legittima autorizzazione (art. 9 Codice della Strada).

In particolare è punito chiunque organizza una competizione sportiva su strada senza esserne autorizzato nei modi previsti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 169 a 680 euro, se si tratta di competizione sportiva atletica, ciclistica o con animali, ovvero di una somma da 849 a 3.396 euro, se si tratta di competizione sportiva con veicoli a motore. In ogni caso l’autorità amministrativa dispone l’immediato divieto di effettuare la competizione.

Tuttavia, il fenomeno delle corse clandestine e, più in generale, le competizioni in velocità non autorizzate con veicoli a motore si è diffuso talmente tra i giovani da indurre il legislatore ad elevare e considerare delitto i comportamenti in oggetto.

Ed infatti, era stato introdotto nel Codice della Strada l’art. 9 bis, secondo il quale, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza, promuove, dirige o comunque agevola una competizione sportiva in velocità con veicoli a motore senza esserne autorizzato ai sensi dell’art. 9, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 25mila a euro 100mila euro. La stessa pena si applica a chiunque prende parte alla corsa clandestina”.

Il Legislatore con la norma in esame punisce, dunque, le corse clandestine, ponendo l’attenzione in primo luogo sull’elemento dell’organizzazione, in quanto azione coordinata di più attività finalizzate al medesimo scopo, cioè lo svolgimento di una gara in velocità tra veicoli a motore la quale, ovviamente, non sia stata regolarmente autorizzata. La pena prevista per la condotta di organizzazione si applica anche alle condotte consistenti nel “promuovere” (sollecitare), nel “dirigere” (essere a capo dell’attività in oggetto o regolarne l’attuazione), nell’”agevolare” (facilitare e favorirne la realizzazione) e, persino, alla condotta di colui che prenda parte alla competizione.

Il comma 2, poi, afferma che se dallo svolgimento della competizione deriva la morte di una o più persone, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni; se ne deriva una lesione personale la pena è della reclusione da tre a sei anni.

Inoltre, le pene indicate ai commi 1 e 2 sono aumentate fino ad un anno se le manifestazioni sono organizzate a fine di lucro o al fine di esercitare o di consentire scommesse clandestine, ovvero se alla competizione partecipano minori di anni diciotto (art. 9 bis, comma 3 CdS).

La fattispecie descritta dall’art. 9-bis si collega con il successivo art. 9-ter, che si caratterizza sulla base di un requisito negativo rispetto all’articolo di legge che lo precede. La norma ex art. 9 ter CdS punisce con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000 chi gareggi in velocità con veicoli a motore, al di fuori delle ipotesi previste dal precedente art. 9-bis.

Dunque, l’art. 9 bis CdS punisce le corse clandestine, mentre il successivo art. 9 ter CdS vieta le gare di velocità. Il criterio discretivo delle due fattispecie è costituito dall’elemento dell’organizzazione, che è presente solo nella prima delle due norme.

L’art. 9 ter, dunque, sottopone a sanzione penale quelle gare di velocità nella guida di veicoli a motore, realizzate mediante condotte che non sono organizzate (come invece avviene nell’art. 9 bis) e che nascono in modo estemporaneo, senza un accordo precedente, durante l’ordinaria circolazione.

Tipico è il caso di due conducenti, che, affiancandosi ad un semaforo rosso, lanciano i propri veicoli a forte velocità, per prevalere l’uno sull’altro. Si tratta di condotte caratterizzati da una minore intensità dell’elemento psicologico rispetto alle corse clandestine ma in grado comunque di provocare un pericolo uguale, se non addirittura maggiore, esponendo il resto della collettività al pericolo di un incidente.

Anche qui, come nell’art. 9 bis, è stabilito che se dallo svolgimento della competizione deriva, comunque, la morte di una o più persone, si applica la pena della reclusione da sei a dieci anni; se ne deriva una lesione personale la pena è della reclusione da due a cinque anni.

La legge sottopone a sanzione penale ogni forma di coinvolgimento nella corsa clandestina, tra cui anche chi effettua scommesse sulle gare, punibile con la reclusione da tre mesi ad un anno e con la multa da 5mila a 25mila euro. In ogni caso l’autorità amministrativa dispone l’immediato divieto di effettuare la competizione.

Nei confronti di coloro che hanno preso parte alla competizione, all’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre anni. La patente è sempre revocata se dallo svolgimento della competizione sono derivate lesioni personali gravi o gravissime o la morte di una o più persone. Con la sentenza di condanna è disposta, altresì, la confisca dei veicoli dei partecipanti, salvo che appartengano a persona estranea al reato, e che questa non li abbia affidati a questo scopo (art. 9 bis, comma 5 CdS). Le stesse sanzioni accessorie sono previste per il reato di gare di velocità di cui all’art. 9 ter.

 

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.