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Legge & Diritto. Corteggiamento assillante nonostante i ripetuti rifiuti? Ecco cosa si rischia


Innamorarsi è cosa bella, se si è ricambiati. Ma quando si riceve un “due di picche”, talvolta non ci si arrende all’idea di essere rifiutati e si insiste fino a superare il limite del corteggiamento tollerabile, invadendo la privacy altrui

Ricevere telefonate non gradite o messaggi continui, essere contattati sui social o su whatsapp, ricevere inviti pressanti ai fini di un incontro amoroso sono comportamenti sanzionabili penalmente.

Salvi i più gravi casi in cui sono posti in essere veri e propri atti persecutori che inducono la vittima a modificare le proprie abitudini di vita e che rendono configurabile il reato di stalking (art. 612 bis c.p.), le avances ossessive, volgari e non gradite fanno scattare in capo al suo autore la responsabilità per il reato contravvenzionale di molestie ex art. 660 c.p. Questo recita che “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”.

La norma in esame è diretta a garantire l’ordine pubblico, ma tutela nello specifico anche la sicurezza e la tranquillità dei consociati, punendo quel comportamento che sia sorretto dalla volontà di recare molestia o disturbo alle persone senza alcun valido motivo, interferendo così nella vita privata e di relazione della persona che lo subisce.

Non è rilevante dove la condotta punita sia messa in atto: essa può manifestarsi in qualsiasi luogo, pubblico o privato, ma anche per mezzo del telefono ed, oggi, anche mediante i social e la messaggistica di ogni tipo.

Occorre anche evidenziare, però, che, di contro, la persona che subisce tale condotta non deve aver contribuito alla sua realizzazione mettendo in atto comportamenti che possano alimentare speranze nel corteggiatore, anche solo non dimostrando un chiaro disinteresse e rifiuto. Una risposta equivoca o comunque tale da non far apparire il disagio per tutto ciò, quindi, potrebbe escludere la condanna per molestie.

Che il corteggiatore assillante e volgare risponda del reato di molestie ex art. 660 c.p. è stato confermato dalla Corte di Cassazione, la quale, con la recentissima sentenza n. 15835/2020, ha condannato l’imputato per aver molestato la persona offesa contattandola ripetutamente su Facebook e Whatsapp, al fine di organizzare incontri e avviare conversazioni dal contenuto a sfondo palesemente sessuale.

Alla luce della ricostruzione dei fatti, dall’esame probatorio è emerso che la persona offesa era stata oggetto di attenzioni assillanti tenute dall’imputato sin dal 2015, era stata tartassata di telefonate, pedinata e sorvegliata negli spostamenti ed aveva ricevuto continuamente messaggi dal contenuto sessuale, causa di un fortissimo disagio e imbarazzo. Inoltre, dalle dichiarazioni rese dai testimoni, è venuto fuori che il comportamento dell’imputato, sotto il profilo soggettivo, era sorretto dalla chiara volontà di molestare la vittima e di volerla a tutti i costi coinvolgere in una relazione erotica da questa non desiderata.

Al fine di emettere la decisione la Corte di Cassazione ha valutato, oltre che degli elementi probatori, anche la gravità della condotta dell’imputato, la sua personalità negativa (emersa anche da precedenti penali a suo carico), la durata delle avances, la portata delle espressioni moleste, il dolo della condotta nonché il comportamento ostile tenuto dopo l’apertura del procedimento nei confronti della persona offesa, manifestatosi attraverso insulti e dimostrazioni di disprezzo.

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.