È reato appropriarsi di un file altrui? In questi casi si potrebbe parlare di “appropriazione indebita” e di “furto” di file? Cosa rischia chi fa un backup o un duplicato di file non propri?
Al fine di comprendere se copiare un file altrui costituisca o meno reato, bisogna prima capire cosa siano il furto o l’appropriazione indebita.
Entrambi i reati hanno in comune l’elemento dell’impossessamento di una «cosa mobile altrui». Tuttavia, mentre nel furto il colpevole non ha la disponibilità materiale del bene altrui di cui si impossessa (si pensi al classico ladro che entra in casa della vittima e si appropria dei gioielli), nell’appropriazione indebita, il soggetto trattiene un bene di cui aveva già il legittimo affidamento (ad esempio il dipendente a cui siano stati affidati beni del datore di lavoro per ragioni collegate alla sua attività, come ad esempio un cellulare aziendale, se ne appropria).
Comunemente, è da considerarsi cosa mobile un oggetto (un telefono, un gioiello, una tv, etc…) o il denaro. Quanto agli oggetti immateriali, per il codice è «bene mobile» anche l’energia elettrica. E un file? Può essere considerato cosa mobile?
Con la sentenza n. 44840 del 2010 la Cassazione aveva escluso che un file potesse essere considerato “cosa mobile”, sostenendo che le condotte illecite che avessero ad oggetto un file fossero in grado di configurare al massimo i reati di «accesso abusivo a sistema informatico» o di «rivelazione del segreto professionale».
La Corte escludeva che potessero configurarsi i reati di furto o appropriazione indebita a motivo della nozione di “cosa mobile”. Questa, infatti, secondo dottrina e giurisprudenza, deve presentare delle caratteristiche minime e cioè che l’oggetto abbia una sua materialità e fisicità, sia definito nello spazio e vi sia la possibilità di spostarlo da un luogo ad un altro, sottraendolo al controllo del suo legittimo proprietario.
Il concetto di “cosa mobile” si ricava dall’art. 624 c.p. (“furto”), nel quale essa è tradizionalmente intesa come caratterizzata dalla necessità che la cosa si possa detenere, sottrarre, possedere, che si possa muovere. Sulla base di tale concetto, in precedenza, erano di conseguenza escluse dall’ambito di punibilità della norma penale tutte le entità immateriali (le opere dell’ingegno, le idee, le informazioni).
Tuttavia, com’è stato rilevato dalla dottrina più attenta, i files non sono entità astratte, ma sono dotate di una propria fisicità, in quanto occupano fisicamente una porzione di memoria quantificabile e possono subire operazioni tecnicamente registrate o registrabili dal sistema operativo (cioè possono essere creati, copiati ed eliminati).
Infatti, con la recente sentenza n. 11959 del 2020, la Cassazione ha modificato il suo orientamento ed ha affermato che i file e i dati informatici possono costituire oggetto materiale del reato di appropriazione indebita in quanto “cosa mobile”.
Il casus che sta alla base di questa sentenza riguardava il fatto di un dipendente, che, pronto per lasciare il proprio posto di lavoro, aveva copiato i file del portatile aziendale che aveva in uso, restituendolo del tutto formattato ed impedendo, così, il backup delle e-mail aziendali.
Con tale sentenza la Corte ha affermato che “integra il delitto di appropriazione indebita la sottrazione definitiva di ‘file’ o ‘dati informatici’ attuata mediante duplicazione e successiva cancellazione da un personal computer aziendale, affidato all’agente per motivi di lavoro e restituito ‘formattato’, in quanto tali ‘dati informatici’ – per struttura fisica, misurabilità delle dimensioni e trasferibilità – sono qualificabili come cose mobili ai sensi della legge penale”.
Il nuovo orientamento si fonda sul fatto che un file (o un dato informatico) “pur non potendo essere materialmente recepito dal punto di vista sensoriale, possiede una dimensione fisica costruita dalla grandezza dei dati che lo compongono, come dimostrano l’esistenza di unità di misurazione della capacità di un file di contenere dati e la differente grandezza dei supporti fisici in cui i file possono essere conservati e elaborati”.
Quanto alla configurabilità dei reati di furto (art.624 c.p.) o di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), bisogna fare un’ulteriore precisazione.
L’art. 624 c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire trecentomila a un milione chiunque s’impossessi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri.
L’art. 646 c.p. punisce chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o di una cosa mobile altrui, della quale abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.
Dato che il delitto di furto prevede che il reo si impossessi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi le detiene, nel caso di chi copi abusivamente i files di proprietà altrui senza danneggiarli non vi è sottrazione penalmente rilevante, in quanto non avviene una materiale cancellazione del file, ma quest’ultimo rimarrebbe nella materiale disponibilità del titolare. Non basta, quindi, copiare i file, per poter parlare di furto o di appropriazione indebita.
Inoltre, per i precedenti orientamenti giurisprudenziali, i reati di furto e di appropriazione indebita si ritenevano configurabili nei casi in cui i files o altri beni immateriali fossero stati sottratti unitamente al supporto (cartaceo o hardware) di proprietà o nel possesso della persona offesa. La dottrina più recente invece ha correttamente osservato che un file può essere “trasferito da un supporto informatico ad un altro” e che il denaro spesso può essere oggetto di appropriazione, pur essendo “smaterializzato” (come nel caso dei conti correnti bancari). Ne consegue che il reato di appropriazione indebita di files (ma anche di furto) è configurabile anche in assenza della sottrazione del relativo supporto informatico.
In ambito digitale ipotesi di configurabilità del reato di appropriazione indebita è quella del dipendente o del socio che copia dei dati per riutilizzarli a proprio vantaggio.
Ipotesi di configurabilità del reato di furto di files è quella di download di dati contro la volontà del proprietario: ipotesi che, tuttavia, può determinare anche una serie di altri reati (ad es.: l’accesso abusivo a sistemi informatici di cui all’art.615 ter c.p.). In questo caso però gli stessi non devono essere già nella materiale disponibilità del reo.
A prescindere dai fatti di reato idonei a configurare il reato di furto o di appropriazione indebita, ciò che rileva in questa sede è l’aver attribuito la nozione di cosa mobile anche ai documenti informatici.
Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.
Nata a Sciacca il 04-08-1984. Ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico “Tommaso Fazello” di Sciacca e la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Palermo. Dal 2016 al 2018 ha frequentato il praticantato forense in ambito civile, penale e processuale con attività di studio e presso il Tribunale di Sciacca. Nel 2018 ha frequentato un corso di formazione in ambito criminologico “Criminal Profiler – Dall’analisi della scena del crimine al profilo psicologico criminale” nel 2019 ha acquisito le competenze base su “La scena del crimine”, con relativi attestati. Ad oggi procede gli studi per approfondire le tematiche giuridiche che saranno oggetto della sua professione.