⦿ Ultim'ora

Legge & Diritto. Furto in abitazione: ecco cosa si rischia


E’ definito furto in abitazione  quando il soggetto, dopo aver fatto ingresso nel luogo di privata dimora, si impossessa del bene mobile altrui

 

Il reato di furto, in forma semplice, è disciplinato dall’articolo 624 del Codice penale, nel quale viene stabilito che “chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire trecentomila a un milione” (comma 1).

Oltre al furto semplice, il codice penale disciplina e punisce altre tipologie della stessa fattispecie, come il furto in abitazione, con strappo, aggravato.

La fattispecie del furto in abitazione (insieme a quella del furto con strappo) costituisce un’autonoma figura di reato rispetto a quella prevista dall’art. 624 c.p. ed è stata introdotta dalla Legge n.128 del 2001, il cosiddetto Pacchetto Sicurezza, la quale ha apportato una modifica al codice penale con l’introduzione nello stesso dell’art. 624 bis c.p.

Quest’ultimo al primo comma afferma che “chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1500”.

La disposizione normativa descritta porta con sé l’obiettivo di tutelare la sicurezza domestica, spesso compromessa dalla sfrontatezza di coloro che non esitano ad appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene. Si tratta, infatti, di un reato plurioffensivo, in quanto i beni giuridici tutelati sono contestualmente il patrimonio e la libertà domiciliare.

Cosa si intende per “privata dimora”?

L’espressione “privata dimora” è tutt’altro che di facile interpretazione. Essa ha dato luogo ad un profondo contrasto giurisprudenziale tutte le volte in cui si intendeva procedere verso un’estensione della nozione anche a luoghi diversi dall’abitazione vera e propria.

La nozione di “privata dimora” è più estesa di quella di “abitazione” e vi rientrano, secondo la Cassazione del 2013 e del 2014, tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata (ved. Cass. Pen. n. 24615/2014; n. 18979/2013).

Sulla configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis c.p. si è pronunciata anche la successivamente la Cassazione a Sezioni unite (Cass. Pen. SS.UU. n.311/2017) che ha considerato rientranti nella nozione di “privata dimora” esclusivamente i “luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad un’attività lavorativa o professionale”.

In altri termini, l’autorità giudicante ha considerato la disciplina contenuta nell’art. 624 bis c.p. estendibile solo ai luoghi di lavoro che abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione e cioè qualora in tali luoghi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad es. retrobottega, bagni privati, spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento).

Circa l’elemento soggettivo, ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione è richiesto il dolo, che deve riguardare non solo la condotta di furto in quanto tale ma anche quella di introduzione cosciente e volontaria nel luogo e la consapevolezza che quest’ultimo sia destinato ad altrui dimora o pertinenza della stessa.

Così, a titolo esemplificativo, come si evince dalle pronunce della Corte, il cortile interno, cintato, di un’abitazione costituisce una pertinenza della stessa così da rendere configurabile, in caso di sottrazione di beni da tale spazio, il delitto di cui all’art. 624 bis c.p. (Cass. Pen. n. 27143/2018). Alla stessa soluzione si giunge nel caso di chi si impossessa di beni mobili introducendosi all’interno di un garage mediante la forzatura della porta d’ingresso (Cass. Pen. n.5789/2019) o di chi si impossessa di beni introducendosi in una stanza di degenza di una casa di riposo per anziani, in quanto si tratta di luogo utilizzato per lo svolgimento di manifestazioni di vita privata degli stessi e al quale non è consentito l’accesso a terzi (Cass. Pen. n. 1555/2019).

Diversamente, il furto avvenuto in una stanza di ospedale non rientra nella fattispecie in esame, in quanto, essendo un ambiente accessibile ad una pluralità di persone senza che il degente possa opporre resistenza, non è qualificabile come “privata dimora” (Cass. Pen. n.1792/2018).

Ancora, è considerato luogo di “privata dimora” il camper quando sia in concreto accertato che in esso si svolgano attività di vita privata, diverse dal mero utilizzo come mezzo di trasporto (Cass. Pen. n.2670/2018) così come le imbarcazioni dotate di cabine, letti, cucine e wc se non usate soltanto come mezzo di locomozione (Cass. Pen. n.13687/2019).

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.