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Legge & Diritto. Il Fritto del vicino vi disturba?: ecco come tutelarsi dagli odori molesti


Il vicino ci infastidisce con i cattivi odori della cucina? La legge ci protegge anche in questi casi: ecco come

A quanti, tra coloro che vivono in un condominio, non è capitato di avere dei vicini di casa che non rispettano le regole basilari del quieto vivere? A pochi, stando alla statistica stilata dall’Anammi, l’associazione nazional-europea degli amministratori di immobili.

Questa, infatti, afferma che tra i motivi più frequenti di liti condominiali al primo posto vi sono proprio quelli relativi ai cattivi odori, in particolare fritto, fumi, sughi, spezie o altri tipi di immissioni provenienti dalla casa del vicino.

Il proprietario di un fondo ha la facoltà di godere del proprio bene in modo pieno ed esclusivo. Questo, però, trova un limite nello speculare diritto degli altri di godere del proprio bene in modo, anch’esso, pieno ed esclusivo.

Questo vuol dire che ognuno può comportarsi liberamente ma deve anche consentire agli altri di fare altrettanto, rispettando le regole di vicinato.

Come interviene la legge in proposito?

Il codice civile, all’art. 844, afferma che “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

La situazione di intollerabilità deve essere attuale e non meramente potenziale o semplicemente temuta.

Occorre specificare che le immissioni cui si fa riferimento sono quelle causate dall’opera dell’uomo e non determinate da circostanze ambientali ed inoltre che i fondi non devono necessariamente essere contigui ma è sufficiente che siano abbastanza vicini perché l’immissione molesta abbia luogo.

Il proprietario è tenuto a tollerare le immissioni provenienti dal fondo del vicino finché non interferiscano significativamente sul godimento del proprio bene. Ma tollerare non vuol dire sopportare tutto quello che fa il vicino.

Ma qual è la misura entro la quale si devono sopportare le immissioni del vicino?
Il criterio indicato dalla legge è quello della “normale tollerabilità”, cioè della capacità di sopportazione dell’uomo medio. Si tratta di una formulazione generica ed astratta, che non fissa precisi doveri comportamentali dei privati e che rimette la valutazione al potere discrezionale del giudice.

Il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto, ma deve essere valutato in relazione alla “situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti” (Cfr. Cass., n.21172/2015). Spetta, dunque, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità, il quale valuterà, oltre che le condizioni di tempo e di luogo nelle quali si sono verificate le immissioni, anche la loro intensità ed idoneità a ripercuotersi sfavorevolmente nei confronti dei condomini che le ricevono. Qualora, in seguito all’accertamento, ritenga che le immissioni provocate dal vicino siano realmente intollerabili, potrà predisporre opportune misure e ordinare, nei casi più gravi, la cessazione della condotta lesiva.

Come può agire il titolare del fondo danneggiato?

Il nostro ordinamento, nel caso di turbative nel godimento fondiario, riconosce al titolare del fondo danneggiato la possibilità di tutelarsi mediante due distinte azioni: l’azione inibitoria di tipo reale, volta ad ottenere la cessazione del comportamento molesto del vicino e l’azione risarcitoria a carattere personale, diretta a riequilibrare i sacrifici tra le parti.

Le liti condominiali legate ai cattivi odori emanati dalle cucine possono giungere anche a configurare un’ipotesi di reato.

Con sentenza n. 14467 del 2017, infatti, la Corte di Cassazione ha inquadrato le “molestie olfattive” nel reato di getto pericoloso di cose, disciplinato dall’art. 674 c.p. che punisce con l’arresto fino ad un mese e con l’ammenda fino a 206 euro chiunque getti o versi in un luogo di pubblico transito o privato, di comune o di altrui uso, cose volte ad offendere o imbrattare o molestare persone. Alla stessa pena soggiace chi, al di fuori dei casi consentiti dalla legge, provochi emissioni di gas, vapori o fumo atti a provocare i medesimi effetti.

Dunque, secondo la Corte di Cassazione, l’odore del fritto è considerato idoneo ad arrecare molestie alle persone, specificando che le molestie olfattive costituiscono getto pericoloso di cose, a prescindere dal soggetto emittente, e che, quando nel diritto penale non esiste una predeterminazione normativa sui limiti delle emissioni, si deve utilizzare il criterio della normale tollerabilitàprevisto dall’art. 844 c.c. Nell’effettuare l’accertamento del superamento del limite di normale tollerabilità, nel caso in questione, il giudice aveva tenuto conto dell’entità dell’odore emanato e della sua capacità di penetrazione nell’appartamento vicino ed aveva ritenuto sufficienti le dichiarazioni rese dalle persone danneggiate e degli altri vicini, in quanto precise e concordanti tra di loro.
In ogni caso sarà compito del giudice effettuare un accertamento in concreto per valutare se la normale tollerabilità sia stata oltrepassata.

Nel frattempo…attenzione a non trasformare le vostre case in una “friggitoria”!

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.