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Legge & Diritto. Impedire l’accesso a proprietà privata che sia casa o box costituisce reato penale

Impedire di accedere ad una qualsiasi proprietà proprietà privata, qualunque ne sia il motivo costituisce un illecito penale perché costringe la vittima a sopportare una violenza

Il caso più comune è quando qualcuno posteggia l’auto davanti un garage bloccandolo ed impedendo al proprietario di uscire il proprio mezzo. Ma esistono tanti altri casi come ad esempio quando una coppia si separa e uno dei coniugi impedisce all’altro di entrare in casa magari cambiando la serratura della porta. Qualunque sia il motivo, impedire di entrare ed uscire da una proprietà contro la sua stessa volontà e a sopportare un comportamento altrui, per la legge si configura il reato di “violenza privata” e la pena prevista è la reclusione fino a 4 anni.

Secondo la giurisprudenza dunque, chi parcheggia in modo tale da bloccare l’ingresso o l’uscita di un’altra auto, dal proprio posto auto condominiale, al box, o da un garage, commette il reato di violenza privata. Tale reato prescinde dall’intenzione di procurare un danno al soggetto “ostruito”; anche la semplice noncuranza, disattenzione o dimenticanza può portare al procedimento penale.

La Cassazione con la sentenza del 19 dicembre 2019, n. 51236. per i casi sopra citati ha sancito la condanna di violenza privata 

Inoltre il diritto di entrare in casa o in un garage è garantito anche se si tratta di un immobile in affitto o di quello in cui si è semplici ospiti. Per essere più chiari neanche il legittimo proprietario dell’immobile può impedire all’affituario di entrare ed uscire, neanche se non riesce a farsi pagare l’affitto. In questo casi se approfittando del momento in cui l’inquilini è fuori, cambia la serratura della porta per non farlo più rientrare, commetterebbe reato.

Un’altra tipica situazione è quella di una coppia di sposi che hanno già iniziato la causa di separazione. In questo caso capita che uno dei due si barrichi dentro l’appartamento impedendo al coniuge di farlo entare.

Altro esempio. Una casa è collegata alla strada pubblica da un cancelletto passa persona e un vicino lascia la propria auto a filo di esso, non consentendo, a chi magari sta trasportando pacchi o buste della spesa, di entrare con comodità. Anche in questo caso scatta il reato.

Infine può accadere che un ente pubblico o un privato organizzi una manifestazione e chiuda una piazza o una via consentendo l’ingresso solo a pagamento. La domanda che si pone è: i residenti sono obbligati per accedere alla loro abitazione a pagare il biglietto? Anche in questo caso la risposta e no, nessuno può impedire di entrare ed uscire quando e come si vuole dalla propria abitazione.

In tutti questi casi la risposta della giurisprudenza, è sempre stata univoca e stabile: chi blocca l’ingresso alla casa di altri o impedisce a chi vi vive di accedervi o uscirne con facilità commette reato di violenza privata. L’articolo 610 del Codice penale, in particolare, punisce con la reclusione fino a quattro anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa.

Le varie sentenze dei giudici, hanno stabilito con precisione quali comportamenti non sono consentiti:

  • cambiare le chiavi dell’appartamento senza dire nulla al convivente, al coniuge, al coinquilino o senza dar loro il duplicato;
  • lasciare il coniuge fuori dalla porta e non gli apre (salvo che sia già intervenuta una sentenza di separazione);
  • inserire nella serratura le proprie chiavi di casa onde evitare l’ingresso del convivente, del coniuge o del coinquilino;
  • parcheggiare la propria auto a filo della porta di ingresso di casa, del cancello o del garage, in modo da impedire a chi vi dimora di entrare o uscire.

In tutti questi casi, la tutela viene accordata non solo al proprietario dell’immobile, ma anche all’affittuario (o meglio detto “conduttore”), al comodatario (ossia a chi vive in un immobile altrui a titolo di prestito), al semplice ospite stabile (si pensi a due partner di cui uno, proprietario di un appartamento, abbia deciso di accogliere all’interno il/la compagno/a).

La tutela del possesso, infatti, è garantita a prescindere da un rapporto di proprietà con l’immobile ma per la semplice stabile relazione che si crea tra lo spossessato e il bene. In pratica, l’ordinamento va in soccorso di chi è sicuro di avere un tetto sotto cui dormire.

Stabilito che nessuno può impedire l”ingresso e l’uscita dalla sua proprietà, vediamo cosa la vittima deve fare per difendersi.

Innanzitutto sporgere una denuncia-querela, recandosi presso la più vicina caserma dei carabinieri o il comando della polizia e raccontare i fatti. In questa fase non servono prove, ma basta la semplice dichiarazione del querelante e le forze dell’ordine avvieranno le indagini.

In attesa del penale, si può agire anche in via civile, sia per entrare nella proprietà, sia per chiedere il risarcimento del danno che per esempio, non potendo entrare in casa si è stati costretti a dormire in albergo per non restare sotto i ponti, si può chiedere il pagamento del conto, così come quelli dei vestiti e biancheria nuovi acquistati per far fronte allo stato di necessità momentaneo.

Legge & Diritto è una rubrica a cadenza quindicinale.