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Legge & Diritto. Parcheggi abusivamente nel posto auto riservato agli invalidi? Ecco quando è reato


Le leggi non nascono mai per caso, ma sono emanate sempre allo scopo di garantire la convivenza e la sicurezza dei cittadini. In tal senso il divieto di occupare i parcheggi delineati da strisce gialle deriva dall’esigenza di tutelare i cittadini portatori di handicap

L’inciviltà, infatti, ha svariate forme e frequentemente assume quella di occupare le zone di sosta riservate ai cittadini invalidi, amplificando spesso le difficoltà che già gravano sugli stessi.

Ma quali sono le conseguenze legali in questo caso?

A disciplinare la condotta in oggetto interviene l’art. 158 co. 2 del codice della strada, il quale vieta il parcheggio negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli per persone invalide (quelle cioè munite del pass invalidi e che sono delimitate dalle strisce gialle). In caso di violazione della disposizione normativa è applicata la sanzione della multa consistente nel pagamento di una somma da 40 a 163 euro per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da 84 a 335 euro per i restanti veicoli.

Il comportamento in esame, in alcuni casi, contiene gli estremi di un illecito penale.

In una recente sentenza (Cass. pen., Sez. V, n. 17794/2017), infatti, la Corte di Cassazione ha chiarito che chi occupa lo spazio espressamente riservato ad una specifica persona incorre nel reato di violenza privata, ai sensi dell’art. 610 c.p. In tal caso, la segnaletica verticale e orizzontale indicherà come il posto sia riservato a un singolo utente disabile.

Commette violenza privata, ai sensi dell’art. 610 c.p., “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339”. La disposizione in esame mira a reprimere fatti di coercizione non contemplati in altre norme, in modo da tutelare la libertà morale, fisica e di locomozione dei soggetti.

Per la Corte la “violenza privata” in siffatte circostanze sussiste perché l’occupazione del parcheggio riservato è una condotta violenta che si realizza nei riguardi di quella persona, costringendola a subire una condotta abusiva altrui ed impedendole di esercitare un diritto che gli è stato espressamente riconosciuto. Quanto all’elemento soggettivo, perché sussista il reato ex art. 610 c.p. non si richiede il fine specifico di danneggiare l’altra persona, ma è sufficiente che il soggetto sia consapevole di aver eseguito un parcheggio che blocchi in qualche modo eventuali altri automobilisti.

Per giungere a tale conclusione la Cassazione riprende un indirizzo interpretativo ormai collaudato, il quale si riferisce a qualsiasi tipo di automobilista e non solo a quelli portatori di handicap. Secondo tale indirizzo, infatti, lasciare la propria auto in prossimità di un cancello o di un garage, impedendo al relativo titolare di entrare o uscire dal proprio spazio, integra il reato di violenza privata. Pertanto, se la condotta descritta è considerata violenza privata per i “comuni” automobilisti, a maggior ragione è da considerarla tale se posta in essere nei confronti di soggetti invalidi, portatori di un interesse ancor più tutelato dall’ordinamento.

Riepilogando: qualora lo spazio sia genericamente dedicato al posteggio dei disabili, la condotta del soggetto agente integra la sola violazione dell’art. 158, comma 2 Codice della strada, che punisce, appunto, con sanzione amministrativa, chi parcheggi il proprio veicolo negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli di persone invalide. Qualora, invece, lo spazio sia espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute, alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l’impedimento al singolo cittadino a cui è riservato il diritto di parcheggiare nel posto in cui solo a lui è consentito lasciare il mezzo.

 

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.