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Legge & Diritto. Reddito di libertà, sostegno per le donne vittime di violenza domestica: ecco a chi spetta


L’idea di istituire il Reddito di Libertà nasce dall’intento di intervenire prontamente di fronte all’aumento vertiginoso delle violenze consumate in ambito domestico

Secondo i dati Istat, infatti, nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019 ed ha raggiunto il picco con l’inizio del lockdown (ad aprile l’aumento registrato è stato del +176,9% rispetto allo stesso mese del 2019 e a maggio del +182,2 rispetto a maggio 2019).

Ciò ha indotto all’istituzione, con DPCM, del Reddito di libertà, un contributo di 400 euro mensili, che ha lo scopo di favorire l’indipendenza economica e l’autonomia delle donne vittime di violenza in condizioni di povertà.

Il Decreto del presidente del consiglio dei ministri, datato 17 dicembre 2020, attua le misure previste dal D.l. “Rilancio” (Decreto legge n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020), con cui sono stati riconosciuti tre milioni di euro di risorse aggiuntive a beneficio del “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”, destinate appunto a finanziare il già citato contributo.

I tre milioni di euro vengono ripartiti tra Regioni e Province autonome, in base ai dati Istat al 1°gennaio 2020, riferiti alla popolazione femminile residente nei comuni di ciascuna regione appartenente alla fascia anagrafica 18-67 anni, secondo la tabella allegata allo stesso D.P.C.M. Le risorse attribuite con il presente decreto a ciascuna regione possono essere incrementate dalle medesime regioni, tramite ulteriori risorse proprie traferite direttamente all’Inps.

Le risorse hanno lo scopo di arginare gli effetti economici derivanti dalla pandemia per le donne vittime di violenza che si trovano in una condizione di povertà e di conferire loro un minimo di indipendenza economica per favorire la realizzazione di percorsi di autonomia e di emancipazione.

I fondi saranno erogati agli enti locali: le singole Regioni, poi, stabiliranno le modalità specifiche di assegnazione delle risorse a loro destinate.

A chi spetta?

Si tratta di un contributo destinato alle donne, sole o con figli minori, vittime di violenza, che si trovano in condizione di “particolare vulnerabilità” o “povertà”, che siano seguite dai centri antiviolenza, che devono attestare il percorso di fuoriuscita dalla violenza, e dai servizi sociali, che devono attestare lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente.

Il fine del Reddito è quello di sostenere “prioritariamente le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale nonché il percorso scolastico e formativo dei figli o delle figlie minori”.

Il “Reddito di libertà” è previsto nella misura massima di euro 400 pro capite su base mensile per un massimo di dodici mensilità. La domanda va fatta nella Regione di residenza o in quella di domicilio, ma non può essere accolta più di un’istanza riferita alla donna vittima di violenza e presentata nella stessa Regione o in un’altra. L’importo sarà peraltro compatibile con il Reddito di cittadinanza.

L’istanza deve essere presentata dall’interessata all’Inps mediante un apposito modello predisposto, alla quale va allegata “la dichiarazione firmata dal rappresentante legale del Centro antiviolenza che ha preso in carico la stessa, che ne attesti il percorso di emancipazione ed autonomia intrapreso e la dichiarazione del servizio sociale professionale di riferimento, che ne attesti lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente”.

Stando a quanto stabilito dal DPCM pubblicato nella GU n. 172 del 20 luglio 2021, all’ente Inps spetta il compito di eseguire il controllo e la verifica della sussistenza di criteri per ottenere il sussidio.

Se l’INPS ritiene sussistenti i requisiti necessari al fine dell’ottenimento del sussidio, accoglie la richiesta e corrisponderà quanto dovuto, con le tipologie di pagamento indicate e rese note dallo stesso, entro il limite delle risorse pubbliche assegnate a ciascuna Regione.

Qualora, tuttavia, questi criteri dovessero mancare o ci siano dei motivi ostativi all’erogazione, l’Istituto non corrisponderà il contributo o potrà anche revocarlo, come nell’ipotesi in cui la donna abbandoni il percorso di autonomia nel centro anti violenza, requisito che, venuto meno, potrebbe far perdere il diritto al Reddito di Libertà.

Il Reddito di Libertà, per quanto non sia totalmente proporzionato al soddisfacimento di tutti i bisogni che una donna, specie con figli minori, si ritrova a dover fronteggiare, rappresenta un segnale positivo che consente alle stesse di vedere lo spiraglio di una piccola indipendenza economica.

Ciò perché, è giusto dirlo, la violenza non è mai soltanto fisica, psichica e sociale, ma anche economica.

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.