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Legge & Diritto. Risarcimento per danni micropermanenti: cosa dice la cassazione?

Per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito

Così afferma il comma 2 dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni Private.  L’art. 139 del Codice veniva modificato dall’art. 32, comma 3 ter della legge del 24 marzo 2012, n. 27, che convertiva in legge il d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012.

Ratio della novella era stata quella di diminuire i costi dei risarcimenti conseguenti a truffe assicurative e di porre un argine ai risarcimenti, in notevole crescita, dei danni da “colpo di frusta”, anche quando non radiograficamente accertati, ma “desunti” esclusivamente dalla sintomatologia soggettiva del paziente. L’art. 32, comma 3 ter della legge citata aggiungeva al testo dell’art. 139 il seguente periodo: “in ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.

In relazione alle lesioni di lieve entità, ovvero le lesioni micro-permanenti (pari o inferiori al 9%), la legge n. 27/2012 contemplava anche l’art. 3 quater, che affermava che “il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.

I commi in esame sono solo parzialmente diversi ed anzi sono facilmente sovrapponibili tra loro. Il comma 3 ter ha per oggetto (diretto) solo il danno biologico permanente e il comma 3 quater ha ad oggetto l’intero ambito di applicazione dell’art. 139 e, quindi, anche il danno biologico temporaneo.

A tal riguardo, infatti, l’ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo) aveva affermato che l’art. 3 ter, che integra il comma 2 dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, “riferendosi espressamente al danno biologico permanente e, nulla dicendo sul danno biologico temporaneo, consente, pur in assenza di accertamento clinico strumentale obiettivo, il risarcimento di quest’ultimo” L’art. 3 quater, invece, avendo valenza più generale, “non è espressamente riferita ad alcuna tipologia di danno biologico (temporaneo o permanente) e consente di accertare la lesione sia visivamente che strumentalmente”.

Continuava l’ISVAP che “la lettura combinata e sistematica delle due disposizioni porta a ritenere che soltanto il danno biologico permanente – cioè i postumi invalidanti conseguenti alla lesione – per poter dar luogo a risarcimento debba essere stato valutato dal medico legale attraverso un accertamento clinico strumentale obiettivo. Il danno biologico temporaneo, cioè i giorni di inabilità temporanea assoluta o relativa conseguenti all’evento lesivo, potrà invece essere accertato dal medico legale sia visivamente che strumentalmente. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che un evento lesivo può dar luogo a un danno biologico temporaneo, ma non necessariamente a un danno biologico permanente”.

Oggi il comma 2 dell’art. 139 del Codice delle Assicurazione private è stato nuovamente modificato dall’art. 1 comma 19 della legge 124/2017, che afferma che “in ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”. L’art. 3 quater della legge 27/2012 è stato abrogato.

Da quanto spiegato si comprende comunque che in entrambi i casi l’accertamento da parte del medico legale è un passaggio necessario, in quanto nell’ambito della medicina legale non è ammissibile riconoscere la sussistenza di danni presunti e non concreti.

Tuttavia, la Corte di Cassazione con la sent. N.31072 del 2019, ha affermato che il danno permanente alla salute è provato anche in via presuntiva, se ricorrono indizi gravi, precisi e concordanti della sua esistenza e della genesi causale.

Nel caso in esame, infatti, il ricorrente riteneva che le succitate norme non subordinavano la risarcibilità del danno per le lesioni micro-permanenti ad un accertamento strumentale, ma ad un accertamento obiettivo, a prescindere dalle modalità con cui lo stesso venisse effettuato. Tale tesi veniva considerata fondata dalla Cassazione, la quale, confermando il proprio orientamento in materia (Cass. 18773/2016; Cass. 1272/2018; Cass. 5820/2019; Cass. Ord. 11218/2019), affermava che, pur essendo vero che “nel nostro ordinamento non è invocabile una pretesa risarcitoria relativa “a danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili” (Cfr. Cass. 26249/2019), la vigente disciplina ammette la possibilità di dimostrare l’esistenza di un danno alla salute mediante fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali e, dunque, mediante un accertamento medico obiettivo.

In sintesi, ciò che emerge dall’interpretazione della disciplina vigente è che l’accertamento medico implica che venga studiata la storia clinica della vittima, la sua sintomatologia e venga effettuato uno scrupoloso esame obiettivo. Infatti, dice la Corte, “un corretto accertamento medico-legale potrebbe pervenire a negare l’esistenza d’un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall’esito positivo (come nel caso d’una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell’infortunio per come emersa dall’istruttoria); così come, all’opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l’esistenza d’un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dell’esistenza del danno e della sua genesi causale” (Cfr. Cass. Ord. 26249/2019).

Dunque, essendo principio generale quello secondo cui ai fini del risarcimento qualsiasi danno (patrimoniale e non patrimoniale) deve essere oggetto di prova a carico del richiedente, ne consegue che ai fini della prova della lesione di lieve entità, l’art. 139 Cod. Ass., così come oggi modificato, ammette la risarcibilità delle lesioni di lieve entità quando sia dimostrata la loro sussistenza anche in base presuntiva, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti (art. 2719 c.c.).

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.