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Lo Stato Italiano non paga i debiti. CGIA: “Alle piccole e medie imprese deve 55,6 miliardi di euro”

Altro che prediche all’Ungheria di Orban, come al solito l’Italia riesce ad essere la peggiore in Europa, anche per quanto riguarda i debiti commerciali verso le imprese

Per le aziende in Italia non c’è solo l’emergenza caro energia con le bollette stratosteferiche da pagare rigorsamente e puntualmente, ma anche il fatto che lo stesso Stato Italiano – stato centrale e enti periferici – continua “colpevolmente” a non pagare i propri fornitori, costituiti prevalentemente da piccole e medie imprese e quando lo fa, paga comunque con grave ritardo rispetto ai tempi di pagamento previsti dalla legge.

A ritornare su questo tema oggi è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre secondo cui “lo stock dei debiti commerciali di parte corrente della nostra Pubblica Amministrazione (PA) ammonta, secondo le ultime stime, a 55,6 miliardi di euro”.

In Italia le commesse della nostra PA ai privati ammontano complessivamente a circa 150 miliardi di euro all’anno e il numero delle imprese fornitrici si aggira attorno a un milione. Per quanto concerne l’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (ITP) l’Ufficio studi della CGIA ha redatto una scheda dove ha elencato, per alcune delle più importanti amministrazioni pubbliche italiane, gli enti che nel 2021 hanno pagato i propri fornitori non rispettando le disposizioni di legge in materia di tempi di pagamento. Tra i ministeri, quello meno reattivo  a saldare le fatture ricevute è stato l’Interno con un ITP pari a +67,09; ciò vuol dire che il Viminale liquida i propri fornitori con oltre 2 mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista dal contratto. Seguono le Politiche agricole con +42,28 e la Difesa con +32,75. Tra le amministrazioni regionali, invece, i maggiori ritardi nel saldare i pagamenti si sono registrati in Abruzzo con 62 giorni oltre la scadenza contrattuale, in Basilicata con 39,57 e in Campania con un ritardo medio di 9,74 giorni. Tra i comuni, invece, la situazione più critica si è verificata a Napoli. Sempre l’anno scorso, l’amministrazione comunale del capoluogo regionale campano i giorni di ritardo nei pagamenti sono stati 228,15, a Lecce 63,18 e a Salerno 61,57.  Tra le Asl, infine, quella di Napoli 1 Centro ha pagato con un ritardo di 43,77 giorni, l’Usl Toscana Nord Ovest con 22,34 e la Napoli 2 Nord con 16,92.

Un problema enorme per le pmi per cui la CGIA ha la soluzione: “Compensare i debiti fiscali con crediti
commerciali”.

Al nuovo esecutivo che si insedierà a breve la CGIA suggerisce che venga prevista per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. “Grazie a questo automatismo risolveremmo un
problema che ci trasciniamo appresso da decenni. – dicono dalla CGIA – Senza liquidità a disposizione, infatti, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà e in un momento così delicato per l’economia del Paese è inaccettabile che i debiti della PA nei confronti degli imprenditori siano in costante crescita dal 2017″.

Altro che prediche all’Ungheria di Orban, peggio dell’Italia non fa nessuno in Europa. Tra i 27 Paesi dell’UE, infatti, sempre nel 2021 nessun altro presenta uno score così negativo come il nostro. In Italia l’incidenza dei debiti commerciali della PA sul Pil è stata del 3,1 per cento. Dei nostri principali competitor commerciali, ad esempio, i debiti di parte corrente sul Pil della Spagna sono allo 0,8 per cento, nei Paesi Bassi all’1,2 per cento, in Francia all’1,4 per cento e in Germania all’1,6 per cento. Persino la Grecia, che l’anno scorso aveva un rapporto debito pubblico/Pil che sfiorava il 203 per cento, presenta un’incidenza dei debiti commerciali sul Pil quasi la metà della nostra: 1,7 per cento.