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Mangia contro il Carnevale. I Carristi non ci stanno: “La festa va migliorata, ma salvaguardata sempre”


In “replica” alla posizione del patron di Aeroviaggi Antonio Mangia espressa oggi sul carnevale in questo articolo, ci scrive il nostro affezionato lettore Roberto Masullo, insegnante di arte, grande appassionato di carnevale che ha partecipato spesso alla realizzazione di carri allegorici (foto).

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“Leggendo questo articolo, e l’espressione del Sig. Mangia, – scrive Masullo – mi sovvengono diverse considerazioni”.

Per il nostro lettore: “è sacrosanto che il ricavato della tassa di soggiorno non venga destinato interamente al carnevale. E’ sacrosanto usare questa somma per abbellimenti della città e anche per gli eventi estivi”.

“Voglio considerare l’espressione ‘Festa paesana che non porta turisti’ come una provocazione e non come un appellativo per il nostro carnevale. Poiché se l’intenzione non è quella provocatoria, occorre ricordare che la suddetta “Festa paesana” ha una storia alle spalle di circa 115 anni, che non è fatta da feste nei garage – come poteva essere agli albori -, che non è fatta da automobili su cui vengono montati ‘pupi’ che girano per le ‘viuzze’ come in alcuni borghi dove la storia del carnevale non esiste.

Il nostro carnevale è fatto da gruppi di persone che incoscientemente mettono da parte anche il proprio lavoro per realizzare dei prodotti invidiati da tutta italia e per questo anche richiesti. I capannoni sono dei veri e propri laboratori delle arti e dei mestieri dove i partecipanti possono mettere davvero le mani in pasta su qualcosa che prima era il lavoro di bottega o di istituto d’arte, oggi quasi inesistente”.

“Che questa festa non porti turisti ci credo poco, – afferma il carrista – forse li porta ma non li fa tornare, allora per questo occorrerebbe uscire quel pizzico di orgoglio che ogni città nel mondo ha verso le proprie tradizioni, e cercare di renderla una festa che porta turisti, ma che li sappia accogliere, e non spennare, che gli dia servizi, e che la faccia innamorare di una città per la quale noi non proviamo più amore.

Ivrea, pubblicizza annualmente un carnevale dove le arance vengono prodotte esclusivamente per gettarle sulla gente in nome di una lotta proletaria  – su questo nessuno si indigna -, Rio ha una realtà di violenza sessuale e sparatorie di cui nessuno parla, e noi? Noi continuiamo a gettare fango su una festa che dovremmo rendere il fiore all’occhiello, una festa per la quale siamo conosciuti, una festa per la quale dovremmo rimboccarci le maniche, ma sopratutto imparare ad apprezzare – facendola nel modo corretto – ed a Difendere, come fa ogni comune italiano che ha tradizioni o feste più o meno discutibili.

Un pizzico di campanilismo, di orgoglio, non ha mai ucciso nessuno, cerchiamo di ricordarcelo”.