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NATO senza munizioni e non solo, Russia aumenta produzione bellica: Kiev rischia di essere travolta?

Mentre la NATO attinge alle risorse strategiche per fornire munzioni per gli obici dati a Kiev, la Russia lancia cento missili al giorno e aumenta la produzione bellica di armi, carri e munizioni

Combattere contro la Russia – o meglio, una frazione del suo esercito e del suo arsenale – sembra che non sia la passeggiata che mass media e politici raccontavano nei Tg qualche giorno dopo il 24 febbraio scorso. Come riferì Bloomberg il 10 ottobre scorso “gli alleati di Kiev hanno già inviato miliardi di dollari in armi, munizioni ed equipaggiamento”.

Il problema è che non bastano i miliardi di euro/dollari dei contribuenti occidentali spesi con nonchalance dai politici NATO. Compri e mandi quello che è disponibile, sul mercato o nelle scorte. Ma che succede se le scorte militari si assottigliano e sul mercato non resta nemmeno un colpo in vendita? Succede quello che sta succedendo adesso.

Mancano gli obici, mancano i droni, mancano i carri, mancano gli aerei – e Kiev non manca mai di ricordarcelo con il presidente Zelensky che chiede armi in continuazione – , ma soprattutto mancano i colpi d’artiglieria da 155millimetri.

Stalin, durante la campagna di Finlandia del 1940, ebbe a dire che l’artiglieria è il “dio della guerra” dell’Armata rossa, che fu il primo esercito della Seconda guerra mondiale a raggruppare i cannoni in divisioni di artiglieria per creare concentrazioni di fuoco devastanti. L’Armata russa di Putin non ha dimenticato questo concetto, non lo fece in Cecenia nel 2000, non lo sta facendo adesso in Ucraina.

Nelle fasi più cruente del conflitto ucraino, i russi sono capaci di sparare 60 mila colpi d’artiglieria al giorno mentre gli ucraini supportati dalla NATO si fermano a ventimila.

Una guerra non solo cruenta, ma anche logorante, soprattutto per le attrezzature. I moderni semoventi tedeschi Pzh2000 sono stati costrutiti per sparare cento colpi in 24 ore, ma nel Donbass si è spesso arrivati a trecento o più al giorno, e questo ha un costo in termini di logoramento delle canne e dei sistemi, influenzando precisione, gittata e sicurezza stessa.

E così mentre Mosca per il momento ha attinto quasi esclusivamente dagli infiniti magazzini d’epoca sovietica, tirando fuori tank sacrificabili, adesso comincia a schierare i veri pezzi forti come i T14 Armata visti in addestramento, ma anche i collaudati T90 e T72 che non si limitano a quelli già nelle scorte di Mosca, ma ne stanno costruendo altri. Tanti altri a giudicare dai video, sicuramente di propaganda, ma sicuramente veri, diffusi ad esempio dall’ex presidente russo Dmitri Medvedev, che dimostrano come l’industria bellica russa – forse anche perchè preparata in anticipo – sta aumentando la produzione per seguire i ritmi della guerra.

Ritmi della guerra che non riescono a seguire i Paesi NATO, almeno non se si tratta di rifornire Kiev mantenendo riserve strategiche accettabili. Questo concetto lo sanno bene al Pentagono USA, che dopo aver fatto arrivare all’armata di Zelensky un milione di colpi da 155 millimetri, adesso gliene rimangono solo due milioni, tantissimi sulla carta, ma in realtà molto vicino al livello critico delle scorte strategiche.

Il volume di fuoco dell’artiglieria infatti è il vero tallone d’Achille di Kiev, trovare munizioni sufficienti per alimentare gli obici è diventato un vero inferno. Gli obici di standard ex sovietico sono “pochi”, messi male e anche lì per trovare colpi la Nato ha dato fondo alle poche scorte che aveva dai Paesi dell’ex Patto di Varsavia, oltre ad acquistare qualcosa da Paesi come il Pakistan, arrivando anche ad usare quelli proveninenti dall’arsenale dell’ex Germania Est, dissolta nel 1990. E considerate le note “pecche” di manutenzione dell’esercito tedesco – con l’ex cancelliera Angela Merkel che al G20 di Buenos Aires del novembre 2018 arrivò con un volo di linea e 24 ore di ritardo perché l’aereo di stato la lasciò a piedi -, c’è da chiedersi come fossero stoccati gli armamenti della DDR.

Quindi per supportare Kiev servono i citati 155 millimetri, lo standard della Nato, ma non è facile, perché negli ultimi trent’anni tutti hanno smesso di produrre quelle munizioni. Come detto, gli Stati Uniti hanno fornito un milione di colpi, il resto della Nato altri trecentomila. Ma non bastano.

Quindi tocca comprarli, ma dove? Gli Usa hanno provato a comprare 100mila munizioni dalla Corea del Sud, ma Seul non vuole entrare nel conflitto ucraino e non vuole diminuire le proprie scorte con il Nord che spara missili un giorno sì e l’altro pure.

Il ministro della Difesa olandese Kajsa Ollongren ha detto apertamente che: “Noi ci siamo mossi subito ma siamo tutti in fila davanti alle fabbriche di munizioni. Le scorte stanno finendo: è necessario trovare un modo di coordinarci a livello Ue”.

La carenza di proiettili è un problema enorme per gli ucraini e la NATO: gli americani hanno detto con chiarezza che l’aiuto militare proseguirà, ma è impossibile garantire gli stessi numeri consegnati finora. Quindi i soldati di Zelensky dovranno risparmiare il fuoco, rendendo non solo gli assalti, ma anche la difesa molto più pericolosa per le truppe di Kiev. In questo senso basti ricordare che i russi si sono ritirati da Kherson non perchè stavano perdendo, ma perché – a causa di difficoltà di trasporto – non potevano garantire rifornimenti regolari alle truppe.

La General Dynamics, a cui il Pentagono ha ordinato 250 mila munizioni, ha annunciato di volere triplicare la catena di montaggio – e non è la sola ditta ad averlo fatto -, ottima notizia se non fosse che da previsioni sarà pronta nel 2025 e siamo a novembre 2022. Al momento infatti alla General Dynamics si producono al massimo 14 mila munizioni al mese. Ricordiamo sempre che la Russia ne spara 60mila al giorno e l’Ucraina 20mila. 

Da parte russa inoltre, molti analisti credono che gli infiniti arsenali sovietici creati per una guerra contro tutta la NATO possa garantire fino ad altri 6 mesi ininterrotti di combattimenti se non di più. In rete circolano foto con distese infinite di casse zeppe di munizione, si obietterà che sono vecchie, ma la roba sovietica era fatta per funzionare sempre e bene. AK-47 docet.

Inoltre va considerato che Mosca sta ampliando la produzione bellica, che l’Iran vende armi a Putin, che Kim Jong-un non negherebbe mai il suo aiuto alla Russia a cui la Corea del Nord è legata, forse di più che alla Cina e che il fatto che la Repubblica Popolare non abbia ancora supportato la Russia non dovrebbe essere considerato come un concetto scritto sulla pietra assicurato dalla “minaccia” americana. Non solo perchè gli obiettivi geopolitici delle due potenze sono in buona parte comuni, ma anche perché a Pechino far “cadere” Mosca non conviene strategicamente proprio a causa della minaccia americana.  

L’esercito russo inoltre non si limita a mostrare video e foto di arsenali pieni e fabbriche con distese di carri armati in costruzione al suo interno, ma sotto la guida del Generale “Armageddon” Surovikin arriva a sparare dagli 80 ai 100 missili in un solo giorno, sia per piegare le infrastrutture strategiche ucraine che come chiaro avvertimento, non solo a Kiev, ma a tutto il mondo e sembrano dire: “le nostre scorte non finiscono”.