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Palermo. Pugni, insulti e abusi sessuali alla moglie palermitana da tunisino per imporre velo e Ramadan


Una donna di Palermo è stato oggetto di botte, insulti e abusi sessuali da parte del marito tunisino che la voleva costringere ad indossare il velo islamico e a rispettare il Ramadan. La donna è stata anche minacciata di morte e di essere sfregiata con l’acido

Una terribile storia quella accaduta ad una donna palermitana sposata con A. R., un tunisino di 44 anni, che, dopo essere stata pestata per l’ennesima volta, il 13 febbraio dell’anno scorso, ed essere finita al Policlinico, aveva denunciato il coniuge ai poliziotti del commissariato Zisa.

La donna è stata picchiata, offesa ed anche violentata e costretta a piegarsi alla personale interpretazione della religione musulmana del marito e dunque obbligata a indossare il velo, a osservare il Ramadan, a non mangiare con la mano sinistra e a tenere le tapparelle sempre chiuse. Inoltre il tunisino l’avrebbe  minacciata di morte e anche detto: “Le donne cristiane sono tutte p…”.

L’uomo per questi fatti è stato indagato e su istanza della Procura,  sottoposto al divieto di avvicinamento alla vittima dal gip Piergiorgio Morosini, che avrebbe voluto una misura più pesante, vista la gravità dei fatti descritti dalla donna, ma che non ha potuto andare oltre la richiesta del pm. Peraltro, nel tempo la vittima aveva presentato altre denunce contro l’indagato, ma le aveva ritirate perché sarebbe stata minacciata di morte.

Secondo il gip la donna sarebbe stata: “Umiliata e maltrattata, matrimonio strumentale all’indagato per evitare l’espulsione dall’Italia”. Per il gip il quadro (agghiacciante) sarebbe molto chiaro e “atto ad integrare oltre che il reato di lesioni, anche quello di maltrattamenti, in presenza di una perdurante offesa morale alla vittima con atti di disprezzo, di asservimento e di umiliazione, motivati da pregiudizi di matrice religiosa ed al fine di mantenere un rapporto matrimoniale strumentale alla permanenza, con regolare permesso di soggiorno, sul territorio italiano”. Infine il giudice sottolinea che “le condotte minacciose e di disprezzo della libertà di autodeterminazione religiosa e sessuale ai danni della vittima si sono manifestate reiteratamente, in modo cruento, con calci, pugni e schiaffi”.

I maltrattamenti sarebbero iniziati almeno quattro anni prima dell’ultima denuncia della vittima, finita in ospedale l’ultima volta il 13 febbraio 2020. Proprio al Policlinico erano intervenute le volanti del commissariato e la donna aveva così riferito ai poliziotti che sarebbe stato suo marito a prenderla a pugni, ritenendola responsabile del mancato rinnovo del suo permesso di soggiorno in Italia.

La donna aveva anche raccontato delle precedenti denunce: una nel 2016, che aveva ritirato perché il marito l’avrebbe minacciata di morte. La “colpa” della palermitana sarebbe stata quella di non seguire rigorosamente i dettami della religione musulmana. La vittima aveva anche spiegato di aver chiesto la separazione, ma che non si sarebbe poi presentata alla prima udienza perché l’indagato l’avrebbe minacciata di sfregiarla con dell’acido.

Secondo la versione della vittima, il tunisino sarebbe diventato nel tempo sempre più aggressivo, costringendola anche a subire rapporti sessuali contro la sua volontà e a renderlo aggressivo sarebbe stato il fatto che lei non avrebbe indossato il velo. L’uomo l’avrebbe ripetutamente umiliata, offendendo anche la madre, perché essendo entrambe cristiane, per A. R., sarebbero state di “razza bastarda perché le donne cristiane sono tutte p…”. La donna sarebbe stata anche costretta dal marito a seguire il Ramadan, con la minaccia di essere gettata per le scale se l’avesse sospeso, nonostante la vittima fosse debilitata già dopo due giorni.