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Petrocelli non si dimette: “la Russia non è un nemico, basta armi a Kiev, non voglio una guerra apocalittica”

“Non mi dimetto perché sento di rappresentare la nostra Costituzione, la volontà della maggioranza degli italiani che non hanno più partiti che la rappresentino in Parlamento e perché onorerò fino all’ultimo giorno gli impegni per la pace e il dialogo internazionale che ho preso con gli elettori nel 2018”

Il presidente della Commissione esteri del Senato, Vito Petrocelli non farà un passo indietro come richiesto da quasi tutte le forze politiche e nonostante l’annuncio di una imminente espulsione fatta dal leader del M5s, Giuseppe Conte: “Non mi dimetto”. Poi riferendosi al suo tweet dice: “Una provocazione, ma ho ragione” e questo a poche ore dalla Giunta per il regolamento che valuterà la richiesta dei senatori di maggioranza di estrometterlo dalla carica.

Il senatore in un intervista rilasciata all’AGI, spiega il suo punto di vista: “Ho visto che anche nelle trasmissioni televisive più vicine alle posizioni di questo governo interventista emergono ormai sondaggi inequivocabili che dimostrano come la stragrande maggioranza degli italiani non voglia l’invio delle armi all’Ucraina, non voglia considerare la Russia come un nemico e non voglia una guerra apocalittica. Tutto questo in una fase in cui il Parlamento vota solo fiducie e decreti emergenziali”.

“Da presidente della Commissione affari esteri del Senato – aggiunge Petrocelli – farò di tutto perché il governo venga a riferire in Parlamento su quali armi sta inviando in Ucraina e su che tipo di impegno militare ha già intrapreso il nostro paese”. Poi attacca anche la Commissione che dovrà decidere: “La rimozione forzata dalla mia carica sarebbe un segnale tremendo per la democrazia parlamentare”.

Petrocelli da anche una spiegazione politica a tutte le azioni che hanno dato il via alla richiesta di dimissioni: “Ho profondo rispetto del 25 aprile, una data che ha segnato tutta la mia esperienza politica fin da giovane. Vederla trasformata in una operazione di marketing bellico con bandiere Nato e slogan dei neo-nazisti ucraini rappresenta una vergogna incancellabile per chi lo ha permesso. Io continuerò a festeggiare il 25 aprile come il giorno della liberazione dal nazi-fascismo, non come il suo sdoganamento. Chi lo sta permettendo tutti i giorni in Italia e nel resto dell’Europa sta producendo effetti devastanti che peseranno per molti anni a venire. Il mio tweet era una provocazione e serviva a sollevare la questione con forza”.

Ma le motivazioni più forti e non poteva essere altrimenti, sono quelle relative al suo no all’invio delle armi in Ucraina: “Ho agito secondo coscienza e secondo il mandato che gli elettori hanno dato ai Cinque Stelle nel 2018”.

Infine spiega i motivi del voto contrario alla fiducia al governo: “L’invio delle armi all’Ucraina ha reso l’Italia nei fatti belligerante contro la Russia e quello che avevo denunciato nel motivare la mia decisione di voto contrario si sta avverando in tutta la sua drammaticità: ci avviciniamo alla belligeranza piena seguendo la strategia folle di chi ora non nasconde di considerare Mosca un bersaglio militare”.

Infine Petrocelli dice: “Le posizioni della Russia al tavolo dei negoziati con l’Ucraina restano le stesse: denazificazione, smilitarizzazione, neutralità, Crimea russa e status di autonomia per il Donbass. L’Europa ha il dovere morale di sedersi a quel tavolo, difendere la sovranità e indipendenza dell’Ucraina, trattare per bloccare l’escalation apocalittica che gli Stati Uniti hanno cercato e imposto. L’Ue non lo sta facendo e l’Italia, purtroppo, ha da subito preso le stesse posizioni del governo di estrema destra polacco piuttosto che quelle più moderate di Francia e Germania. E’ il momento di fermare questa follia. L’Europa deve prendere l’iniziativa e governare questa crisi, invece di mandare armi che ci avvicinano alla terza guerra mondiale”.

E conclude con un invito: “L’Europa si sieda a quel tavolo prima di concludere il suo suicidio perfetto. Nell’attuale fase di stallo alle trattative imposta dalla Nato, ho proposto ai colleghi presidenti delle Commissioni Esteri di Turchia, Russia e Ucraina un incontro che metta al centro la ripresa delle trattative. La diplomazia parlamentare può creare quei ponti di pace che oggi sembrano tabù. Paradossalmente, parlare di pace oggi in Italia è diventato eversivo e pericoloso”.