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Pozzallo. 113 clandestini sulla Maersk, la Polizia ferma scafista del Sudan: “5mila dollari per raggiungere l’Europa”


Oltre alle testimonianze dei migranti, gli investigatori hanno utilizzato una foto scattata durante la navigazione che ritraeva lo scafista con il timone in una mano ed il navigatore nell’altra

La Polizia a seguito dello sbarco di martedì ha raccolto gravi indizi di colpevolezza a carico di un cittadino sudanese, classe 1989. I migranti sono stati ospitati presso l’Hot Spot di Pozzallo per essere visitati, identificati e trasferiti in altri centri.

La nave cargo “Alexander Maersk” battente bandiera danese ha salvato in mare 113 migranti clandestini di varie nazionalità (in prevalenza sudanesi) che erano a bordo di un piccolo scafo. Il salvataggio era stato disposto da IMRCC Roma in quanto aveva avuto notizia dell’evento tramite chiamata da un’utenza satellitare Thuraya e confermata da un avvistamento da parte di un velivolo dell’assetto aereo della Marina Militare. La motonave “Alexander Maersk” dopo aver effettuato il soccorso e recupero è approdata a Pozzallo il 25 giugno.

Dopo le operazioni sanitarie di rito, i migranti clandestini sono stati trasferiti presso il locale Hotspot per le operazioni di identificazione.

Gli uomini della Polizia di Stato – Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile Questura di Ragusa – con la partecipazione di un’aliquota della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Pozzallo, hanno sottoposto a fermo uno scafista responsabile di aver condotto la piccola imbarcazione in legno.

I migranti erano infatti già stati ascoltati dalla Polizia nelle prime fasi dello sbarco, ovvero la notte tra il 25 e 26 giugno, dimostrandosi molto collaborativi e permettendo alle forze dell’ordine di raccogliere fonti di prova tali da sottoporre a fermo il sudanese e ricostruire le varie fasi della loro migrazione clandestina.

Alcuni sudanesi hanno riferito di aver pagato quasi 5.000 dollari per raggiungere l’Europa. Per loro ogni passaggio da un paese all’altro costava denaro. L’imbarco dalla Libia per l’Italia è costato circa 700 euro cadauno ma quelli precedenti per passare le frontiere erano stati molto più cari.

Dalle dichiarazioni dello scafista è emerso che quest’ultimo si fosse accordato con i libici per condurre il natante. Lo scafista non era stato nella connection house insieme agli altri migranti, segno di un precedente accordo criminale con gli organizzatori libici. Inoltre nel momento in cui sono saliti a bordo, lo scafista avrebbe dialogato con dei libici che sono rimasti in spiaggia mentre l’imbarcazione prendeva il largo. È stato sempre lo scafista a chiamare i soccorsi una volta allontanatisi dalle coste libiche mediante un telefono satellitare, tanto che dopo poco sono stati raggiunti da un velivolo e poi dalla nave mercantile che li ha soccorsi.

Ad avvalorare le dichiarazioni dei migranti, testimoni della traversata e quindi delle responsabilità dello scafista, anche una foto estrapolata da uno dei cellulari sottoposti a controllo nelle fasi di sbarco.

La foto acquisita ritrae lo scafista con il timone in una mano e il navigatore satellitare nell’altra.

Dopo gli accertamenti sull’identità dello scafista mediante l’acquisizione delle impronte digitali da parte della Polizia Scientifica, personale della Polizia di Stato lo ha condotto presso il carcere di Ragusa a disposizione della Procura della Repubblica.