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Processo Ciro Grillo. Beppe:”Mio figlio non è uno stupratore”. L’accusa: “Tenuta per i capelli e costretta ad avere rapporti sessuali”


Si attende la decisione della Procura se mandare o meno a processo il figlio Ciro di Beppe Grillo per stupro e il fondatore del M5S sfoga la sua rabbia sui social: “Mio figlio su tutti i giornali ma non è uno stupratore, c’è un video”, ma l’accusa la pensa diversamente: “Tenuta per i capelli e costretta ad avere rapporti sessuali”

Beppe Grillo sfoga la sua rabbia in un video pubblicato su Facebook, nel quale prende le difese del figlio Ciro, accusato di stupro insieme ad altri suoi tre amici genovesi, nei confronti di una ragazza italo-svedese conosciuta in Sardegna a Porto Cervo nell’estate del 2019. “Mio figlio su tutti i giornali ma non è uno stupratore, c’è un video. Allora arrestate me”. Poi aggiunge: “Invece sono lasciati liberi per due anni, perché? Perché non li avete arrestati subito? Ce li avrei portai io in galera, a calci nel culo”.

Questo lo sfogo anche comprensibile di un padre, ma che cozza con la stessa “essenza” del grillismo, fondato su un giustizialismo esasperato. E come prevedibile sono arrivate le reazioni, tra le prime quella di Maria Elena Boschi: “Beppe vergognati”. Anche per molti altri le parole di Grillo, sui social vengono interpretate e commentate come maschiliste e sessiste.

Solo Alessandro Di Battista mantiene un tono più pacato: “Sei un papà e ti capisco. Spero che tutto si possa chiarire e alla svelta. Immagino siano stati due anni difficilissimi. Coraggio Beppe”.

La difesa di Beppe nei confronti del figlio infatti è totale: “Perché non li avete arrestati subito? Ce li avrei portati io in galera, a calci nel culo. Perché vi siete resi conto che non è vero niente, non c’è stato alcuno stupro. Una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf e dopo otto giorni fa la denuncia… Vi è sembrato strano. Bene, è strano. Se non avete arrestato mio figlio, arrestate me perché ci vado io in galera”.

Poi Grillo aggiunge: “C’è un video, passaggio per passaggio, e si vede che c’è la consensualità: un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori”.

Tra gli indagati infatti oltre al figlio di Grillo, Ciro ci sono anche Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. Capitta è figlio di un dirigente di Ansaldo, Corsiglia di un noto cardiologo; l’unico meno abbiente è Lauria.

I magistrati, probabilmente entro la settimana, potrebbero chiedere al giudice per le indagini preliminari il rinvio a giudizio, cioè il processo. Prima, però, il giudice dovrà fissare l’udienza preliminare e sentire gli indagati, che, nel caso fosse accolta la richiesta dei pm, a quel punto diventerebbero imputati. Anche se i difensori sperano ancora in una archiviazione.

Nei giorni scorsi Ciro Grillo e gli altri tre giovani di Genova (in presenza dei loro avvocati difensori) sono stati interrogati dalla Procura di Tempio Pausania. Secondo quanto trapela, hanno ribadito la loro dichiarazione di innocenza e la tesi di un rapporto consensuale, mentre per gli inquirenti si è trattato di uno stupro di gruppo. Inoltre negli atti si legge che la ragazza “Sarebbe stata afferrata per i capelli per bere mezzo litro di vodka e costretta ad avere rapporti di gruppo”, 

Per la Procura non fu “sesso consenziente”, come dice invece la difesa degli indagati. Per l’accusa è stata “violenza sessuale di gruppo”. E per dimostrarlo hanno allegato agli atti, il racconto crudo della ragazza che dichiara di essere stata stuprata a turno. “Verso le sei del mattino – si legge in un verbale – mentre R. M. (l’amica della vittima ndr) dormiva”, scrivono i magistrati, la giovane è “stata costretta” ad avere rapporti sessuali in camera da letto e nel box doccia del bagno, con uno dei ragazzi. “Gli altri tre indagati hanno assistito senza partecipare”.

Poi un’altra violenza, costringendo la giovane a bere mezza bottiglia di vodka contro il suo volere. La Procura ha anche una serie di fotografie e immagini che ha inserito nel fascicolo. “La ragazza ha poi perso conoscenza fino alle 15 quando è tornata a Palau”, scrivono i pm. La “lucidità” della vittima “risultava enormemente compromessa” quando è stata “condotta nella camera matrimoniale dove gli indagati” l’avrebbero costretta ad avere “cinque o sei rapporti” sessuali”.

Nel novembre scorso la Procura ha chiuso le indagini e ha messo gli atti a disposizione della difesa, che ha chiesto un termine per fare le controdeduzioni ed eseguire le indagini difensive perché il materiale è “enorme”, come dice chi ha potuto vederlo. I difensori hanno chiesto diverse proroghe e gli interrogatori degli indagati.