Il coordinatore cittadino di Sinistra Italiana Angelo Renda, in una nota aspra, dura e pungente trasmessa ai massimi vertici della Regione Siciliana, all’Iacp e all’Urega di Agrigento riapre la polemica sulle palazzine di via Fani a Ribera.
Riesplode un sentimento di protesta e di rabbia nella comunità che disperatamente attende invano la ricostruzione delle 10 palazzine Iacp di Largo martiri di via Fani a Ribera da quando l’amministrazione comunale emetteva l’ordinanza n.23 del 24/02/2012 con la quale si ordinava ai disperati residenti lo sgombero degli alloggi.
A quasi 5 anni dal tremendo e drammatico “disastro”, che rovinò da un lato la loro tranquillità e dall’altro la loro sicurezza e serenità quasi nulla è stato fatto.
Al danno, prosegue il documento, oggi si è aggiunta l’ennesima beffa: per valutare il ricorso di una ditta esclusa, al Tar sono stati necessari sette mesi il cui costo a carico dell’Assessorato Regionale alle Infrastrutture è stato di 100 mila euro per pagare i canoni di locazione di abitazioni provvisorie, prese in affitto dalle famiglie sfrattate oltre le spese del procedimento che saranno ripartite tra l’Iacp e l’Urega di Agrigento contro cui la ditta aveva proposto il ricorso per l’esclusione. La decisione del Tar era stata adottata nella seduta del 30 giugno scorso, ma le motivazioni sono state rese note solo da qualche giorno.
Si riparte, dunque, con il completamento e l’esame delle carte prodotte dalle ditte che dovranno portare all’assegnazione della gara di appalto dell’opera di demolizione di ben 10 palazzine e di 60 alloggi di case popolari dell’Iacp, costruite negli anni ’70 con cemento depotenziato, e di ricostruzione degli stessi alloggi, sulla medesima area, con un finanziamento della Regione Siciliana di oltre 11 milioni di euro.
Il Dirigente di Sinistra Italiana ricorda, altresì, di avere richiesto al Tar di Palermo, sezione seconda, al presidente Cosimo Di Paola, tramite accesso agli atti (legge 241/90), copia della Sentenza di riammissione della ditta esclusa per verificare se vi siano gli estremi per un esposto alla Magistratura Contabile della Corte dei Conti.
Renda, chiude la nota con una profonda e impotente amarezza: c’era già stato un grave ritardo in alcune fasi dell’iter di ricostruzione poiché non è stata messa sul tappeto una minima pianificazione programmatica. Si è operato alla giornata per mancanza di continuità progettuale, ogni minimo passaggio è stato ricolmo d’ostacolo e incertezza.
Lo stato dei fatti rimane come una “pentola a pressione” al punto di esplodere da un momento all’altro. Questa ricostruzione è certamente un’opera complessa, ma dopo tutto questo tempo non può rappresentarsi solo come una scoraggiante e triste cronistoria d’impedimenti e di black out procedurali.