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Salpavano da Gela per prendere i clandestini in Tunisia. Le intercettazioni: “Se ci sono problemi, buttateli a mare”

La squadra mobile di Caltanissetta smantella un sistema di “taxi” del mare formata da 18 tra italiani e tunisini con base a Niscemi: prendevano fino a 5000 euro per un viaggio. Agghiaccianti le intercettazioni: “Se ci sono problemi, buttateli a mare”

La direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, diretta da Nino Ciavola, questa notte ha fatto scattare un blitz, durante il quale sono state arrestate 12 persone tra italiani e tunisini. I provvedimenti cautelari emessi dal giudice delle indagini preliminari sono in tutto 18, ma sei di questi risultano irreperibili perché probabilmente al momento sono all’estero. La base operativa dell’organizzazione era a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, dove risiedeva una coppia di tunisini, che secondo gli investigatori era la mente del gruppo. Il resto del banda, 16 persone, specializzata nella tratta di clandestini prelevati in Tunisia, vivevano fra Gela e la costa agrigentina. L’organizzazione era molto “efficiente” e in meno di quattro ore, trasportavano dalle 10 alle 30 persone, che pagavano fra 3000 e 5000 euro ciascuno. I metodi usati dai capi, come confermano le intercettazioni, erano molto “spicci”: “Se ci sono problemi con il motore, buttateli a mare”.

“Abbiamo individuato anche il livello finanziario dell’organizzazione – spiega il prefetto Francesco Messina, il direttore centrale anticrimine della polizia – questo determina l’importanza dell’indagine: per ogni viaggio, l’organizzazione incassava dai 30 mila ai 70 mila euro. Il denaro, raccolto in Tunisia, veniva poi inviato in Italia, attraverso alcune agenzie internazionali specializzate in servizi di trasferimento di denaro, per essere poi successivamente versato su carte prepagate in uso ai promotori dell’associazione, i quali lo reinvestivano, per aumentare i profitti”. I soldi venivano utilizzati anche per l’acquisto di nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.

I destinatari della misura cautelare sono undici tunisini e sette italiani. La procura diretta da Salvatore De Luca contesta la partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Con le aggravanti di “avere esposto a serio pericolo di vita i migranti e di averli sottoposti a un trattamento inumano e degradante per trarre un profitto”. I capi del gruppo risiedevano a Niscemi, i due cassieri dell’organizzazione (tunisini) facevano base a Scicli, in provincia di Ragusa, cinque italiani si occupavano invece della logistica dopo lo sbarco (i migranti venivano ospitati in alcune abitazioni, mentre gli scafisti tornavano in mare). Quattro tunisini gestivano i rapporti con la madre patria.

“Il gruppo utilizzava piccole imbarcazioni dotate di potenti motori fuoribordo – spiegano gli investigatori – i viaggi avvenivano fra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche, Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento”. Uno di questi viaggi, non portato a termine, ha consentito l’avvio dell’indagine: il 21 febbraio 2018, un’imbarcazione in vetroresina si incagliò nel porto di Gela poco dopo lo sbarco di decine di persone.