La lesione del midollo spinale rappresenta una situazione drammatica, spesso conseguente ad eventi traumatici, che provoca una grave disabilità e, ad oggi, impedisce il recupero della deambulazione.
I messaggi nervosi che regolano l’attività muscolare sono trasmessi e ricevuti dal cervello attraverso il midollo spinale quindi, quando questo viene danneggiato, il flusso di informazioni viene interrotto con la conseguenza che i messaggi che trasmettono gli impulsi motori, la sensibilità, il controllo dell’intestino e della vescica, la funzione sessuale, la respirazione, la temperatura ed il controllo della pressione sanguigna – a seconda della gravità della lesione – non vengono trasmessi per niente o in modo scorretto.
Se la lesione si verifica nella regione cervicale del midollo spinale – all’altezza del collo – ad essa consegue una tetraplegia, che provoca l’assenza o la limitazione di sensibilità e di movimento ai quattro arti, e nella zona immediatamente al di sotto della lesione. Per le lesioni che hanno luogo più in basso, nell’area toracica, la conseguenza è la paraplegia che non permette al paziente di camminare ma non va ad inficiare la funzionalità degli arti superiori.
Per i pazienti mielolesi la possibilità di “riattivare” le vie che trasmettono gli impulsi da e per il cervello è l’unica speranza per ricominciare un giorno a camminare. Fra le tecniche che sembrano dare qualche speranza vi è il trattamento con cellule staminali: finora il procedimento prevedeva la somministrazione di cellule “esterne” al midollo spinale, con tutti i limiti ei rischi insiti nel procedimento.
Ma una nuova scoperta riaccende la speranza: per riparare le lesioni spinali forse non sarà indispensabile iniettare nuove cellule staminali ma basterà riprogrammare quelle che sono già presenti nel midollo. Lo hanno fatto per la prima volta i ricercatori dell’istituto svedese Karolinska, che nei loro laboratori hanno scoperto una specie di “interruttore molecolare” che permette di attivare delle cellule staminali adulte già presenti all’interno del midollo.
Il risultato dello studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, è stato ottenuto per ora solo sui topi, ma potrebbe cambiare l’approccio della medicina rigenerativa applicata al sistema nervoso dell’uomo. Le cellule staminali del midollo spinale al centro dello studio si chiamano ependimociti e, in condizioni, normali sono quiescenti. Si riattivano solo in caso di lesione, per generare nuove cellule, gli astrociti, che, però, non sono in grado di trasmettere lo stimolo nervoso e formano solo una specie di cicatrice per limitare il danno al tessuto nervoso.
Perché lo stimolo nervoso riprenda a scorrere lungo il midollo occorrerebbe che gli ependimociti si trasformassero in oligodendrociti, cellule che rivestono e isolano i prolungamenti dei neuroni per permettere la trasmissione degli impulsi nervosi. Analizzando il Dna degli ependimociti nel topo, i ricercatori svedesi hanno però scoperto che il programma genetico di trasformazione ependimociti-astrociti non è l’unico possibile e che è possibile attivare la trasformazione ependimociti-oligodendrociti “accendendo” un gene, chiamato Olig2. In questo modo le staminali iniziano a produrre grandi quantità di oligodentrociti, aiutando a ripristinare la funzione del tessuto lesionato.
Con questo studio “abbiamo scoperto che le staminali non sono costrette a formare solo il tessuto cicatriziale e abbiamo capito che in realtà possiamo spingerle in un’altra direzione per formare cellule che contribuiscono alla riparazione”, spiega il primo autore dello studio, Enric Llorens-Bobadilla. “Ciò dimostra che è possibile condizionare le staminali del sistema nervoso in modo che contribuiscano di più al recupero funzionale”, aggiunge il coordinatore Jonas Frisen.
Gli entusiasmi, per quanto giustificati, non devono travisare la realtà: gli studi sul topo non sono direttamente trasferibili sugli umani, tuttavia è importantissima l’indicazione di una strategia terapeutica nuova ed inesplorata. Occorre comunque verificare se anche nell’uomo esistono simili cellule staminali in numero sufficiente e se sono collocate in zone utili alla riparazione del midollo.
Accursio Miraglia, nato a Sciacca il 27-12-68
Nel 1994 Laurea con Lode in Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma – Policlinico Gemelli)
Nel 1998 Specializzazione con Lode in Medicina Fisica e Riabilitativa (Fisiatria), Università di Tor Vergata (Roma)
Dal 1998 al 2006 partecipa a numerosi corsi di aggiornamento organizzati dall’Accademi Italiana di Medicina Manuale
Dal 1998 al 1999 Assistente medico, responsabile area riabilitativa Casa di cura “Villa Fulvia”, Roma
Dal 1999 ad oggi Direttore Sanitario del Centro di Educazione Psicomotoria s.r.l, centro di fisioterapia accreditato presso il SSN
Dal 2009 è consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale di Sciacca e gli uffici del Giudice di pace di Sciacca, Menfi e Ribera.
Dall’anno accademico 2014-2015, professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
Dal 2015 ricopre il ruolo di docente presso il “Corso-Teorico pratico di Medicina Manuale” organizzato dalla SIMFER (Società Italiana di medicina Fisica e Riabilitativa) con la collaborazione Società Italiana di Medicina Vertebrale (MEDVERT) e le Università “la Sapienza” e Tor Vergata” di Roma.