Arriva una mini-rivoluzione per la salute degli anziani, in particolare per ciò che riguarda la pressione arteriosa: stop alla pressione troppo bassa e limiti per la massima che vanno da 140 a 160 a seconda dei casi
L’ipertensione, si sa, fa male, tuttavia la pressione tende a crescere fisiologicamente con l’età e puntare per un over 65 anni, a valori pressori accettabili per i soggetti più giovani può essere controproducente, perché le terapie potrebbero essere scarsamente tollerate e portare più spesso a effetti collaterali.
Uno dei casi più lampanti è quello della salute cerebrale. In che modo la pressione arteriosa influisce sul benessere dei nostri neuroni? Per esemplificare possiamo paragonare il nostro corpo ad un palazzo, in cui la pressione dell’acqua diminuisce man mano che si arriva ai piani più alti. Se vogliamo un flusso d’acqua accettabile per la doccia posta nell’attico dovremo evitare di abbassare troppo la pressione nel circuito idraulico del condominio. Lo stesso accade con il cervello che, in posizione ortostatica, si trova molto in alto e, per essere raggiunto da un buon flusso di sangue, richiede una pressione arteriosa non troppo bassa.
La conferma di questa teoria arriva da uno studio pubblicato su Plos Medicine da un team dell’Erasmus Medical Center, secondo il quale gli anziani che soffrono abitualmente di bassa pressione hanno un maggior rischio di soffrire di demenza senile. Il problema sarebbe proprio legato ad un insufficiente afflusso di sangue al cervello, organo periferico rispetto al cuore, con conseguente danno alle cellule cerebrali, in particolare a carico di quelle già intaccate dai primi segni della demenza.
In quest’ottica, quindi, la pressione bassa causerebbe il peggioramento di una patologia già in atto. Se una pressione pari a 120/70 è l’ideale in un giovane, persone di 70/80 anni necessitano di una pressione maggiore per consentire una sufficiente irrorazione del cervello, che rischia di “avvizzire” lentamente per scarsa irrorazione.
Per fortuna geriatri e cardiologi stanno ridisegnando le linee guida nel trattamento dell’ipertensione nei soggetti anziani, e, secondo la Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe), se l’obiettivo normalmente negli adulti è di mantenere la pressione massima entro i 140 mmHg, una soglia di 150 di massima negli over 65 e di 160 negli ultra80enni è ragionevole.
Essenziale, poi, essere più cauti nelle cure durante periodo estivo, quando il caldo fa abbassare fisiologicamente la pressione: se le terapie non vengono riviste nei dosaggi, possono infatti risultare eccessive e aumentare il rischio di ipotensione che, a sua volta, accresce la probabilità di cadute, fratture ed ischemie cerebrali. “Negli anziani deve essere sempre ricercata l’ipotensione ortostatica, che in questi pazienti è molto frequente, – interviene Niccolò Marchionni, fondatore SICGe – si tratta di un brusco calo pressorio che si ha tipicamente quando si passa dalla posizione sdraiata a quella in piedi: è importante che il medico misuri la pressione all’anziano in entrambe le posizioni” .
E questa rivisitazione delle regole per il controllo della pressione riguarda anche altre terapie, come le statine per il controllo del colesterolo. I medici ora si orientano, soprattutto per gli anziani più avanti con l’età, verso una gestione cauta, che tenga conto del quadro generale del paziente. “Quando l’età avanza e inevitabilmente la pressione tende a salire, –osserva Alessandro Boccanelli, presidente SICGe – è necessario tenere conto delle condizioni del paziente per individuare quali siano i valori normali a cui tendere”.
Le recenti Linee Guida delle Società Europee dell’Ipertensione e di Cardiologia hanno infatti suddiviso la popolazione anziana in due fasce d’età, 65-79 anni e over 80, dando indicazioni diverse e precise: negli ultraottantenni il valore soglia per iniziare il trattamento è una massima pari a 160, negli under 80 può avere senso iniziare oltre i 150.
Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.
Accursio Miraglia, nato a Sciacca il 27-12-68
Nel 1994 Laurea con Lode in Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma – Policlinico Gemelli)
Nel 1998 Specializzazione con Lode in Medicina Fisica e Riabilitativa (Fisiatria), Università di Tor Vergata (Roma)
Dal 1998 al 2006 partecipa a numerosi corsi di aggiornamento organizzati dall’Accademi Italiana di Medicina Manuale
Dal 1998 al 1999 Assistente medico, responsabile area riabilitativa Casa di cura “Villa Fulvia”, Roma
Dal 1999 ad oggi Direttore Sanitario del Centro di Educazione Psicomotoria s.r.l, centro di fisioterapia accreditato presso il SSN
Dal 2009 è consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale di Sciacca e gli uffici del Giudice di pace di Sciacca, Menfi e Ribera.
Dall’anno accademico 2014-2015, professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
Dal 2015 ricopre il ruolo di docente presso il “Corso-Teorico pratico di Medicina Manuale” organizzato dalla SIMFER (Società Italiana di medicina Fisica e Riabilitativa) con la collaborazione Società Italiana di Medicina Vertebrale (MEDVERT) e le Università “la Sapienza” e Tor Vergata” di Roma.