⦿ Ultim'ora

Salute & Benessere. Dolore bruciante e arto gonfio: l’algodistrofia di sudeck


L’algodistrofia è una malattia rara multisintomatica e multisistemica che si presenta con dolore bruciante associato ad edema, le cui cause sono per lo più sconosciute, anche se molto spesso vi è una storia di trami o interventi chirurgici

I casi di algodistrofia riguardano in maniera pressoché esclusiva il tratto mano-spalla o i piedi.
La malattia è nota da oltre 100 anni, la prima descrizione risale addirittura al 1864. Oggi oltre alla definizione di Algodistrofia nel mondo anglosassone si utilizza quella di sindrome complessa da dolore regionale (CRPS).

Epidemiologia e cause

Stando ai dati dei quali si è attualmente in possesso sembra che le donne siano affette dalla sindrome 4 volte più agli uomini e l’età media di insorgenza sia tra i 30 e i 50 anni. Se, come detto, i traumi sono tra le cause scatenanti più frequenti (la sintomatologia non è però proporzionale alla gravità dell’evento traumatico) è stato anche evidenziato un legame con altri eventi come infarto miocardico (20 % dei pazienti), emiplegia (12–20%),interventi in artroscopia e, in minor misura, protrusioni discali, problematiche cerebrovascolari, neoplasie e terapie con farmaci anticonvulsanti e antitubercolari. Sono molti comunque i casi in letteratura medica in cui la sindrome si manifesta spontaneamente senza che sia possibile ricondurla ad alcun evento traumatico nella parte del corpo in cui il dolore compare.

Sintomi ed evoluzione

Anche se il sintomo principale è il dolore questo può essere accompagnato anche da altre manifestazioni, come un cambiamento della temperatura nella parte interessata, una diversa sensibilità, una sudorazione anormale e la presenza di edema. Il quadro clinico è dunque polimorfo e si manifesta in modo estremamente vario da soggetto a soggetto (anche in ragione della regione colpita). Dolore, cambiamenti della sensibilità e osteoporosi localizzata sono sintomi tipici ma aspecifici, che possono essere confusi con altre malattie – come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica – tanto da rendere spesso necessaria la diagnosi differenziale. In alcuni rari casi da questa osteoporosi tipica dell’algodistrofia possono generarsi della fratture.

Il meccanismo del dolore

L’ipotesi diagnostica di questa sindrome può essere esclusa in presenza di altre malattie tali da giustificare l’entità del dolore e della turba funzionale. La letteratura attuale suggerisce che i sintomi della CRPS trovino origine a livello del sistema nervoso centrale (SNC). Le informazioni vengono trasmesse attraverso le fibre nervose periferiche giungono alle corna dorsali del midollo spinale, dove vengono stimolati i neuroni “wide dynamic”.
Lescariche eccitatorie provenienti dagli arti lesi inducono il rilascio di neurotrasmettitori, che a loro volta interagiscono con l’organo di partenza attraverso siti recettoriali. Il SNC viene dunque “sensibilizzato”: si sviluppa un abnorme meccanismo di feedback e permane un eccessivo tono simpatico che altera le funzioni circolatoria, termoregolativa e nutrizionale. In poche parole si potrebbe sintetizzare che i traumi periferici causano degli stimoli nocicettivi che inducono un’attività nervosa simpatica efferente, provocando dolore.

Clinicamente ne conseguono alterazioni vasomotorie, termiche e trofiche. Lo stesso meccanismo (alterazioni vasomotorie) può spiegare la presenza sia di un piede caldo tumefatto che di un piede freddo, ischemico e rigido. L’entità del dolore è influenzata dall’intensità e dalla natura progressiva dello stimolo, dagli impulsi afferenti, dalle modulazioni efferenti, dall’interpretazione del SNC e dall’adattamento fisiologico. In assenza di trattamento, si possono verificare alterazioni irreversibili e i sintomi possono persistere per anni.

La diagnosi

La diagnosi è puramente di tipo clinico, come affermano i criteri diagnostici internazionali: il primo sintomo che viene preso in considerazione è il dolore regionale e poi si valutano gli altri sintomi e segni clinici associati. Non esistono analisi di laboratorio utili alla diagnosi e gli esami di supporto, come la radiografia, risonanza magnetica e la scintigrafia ossea, sono dotati di una sensibilità che tende a ridursi con l’avanzare della malattia. Inoltre questi esami strumentali non possono confermare in modo diretto la diagnosi di algodistrofia, ma solo indirettamente, identificando un disturbo localizzato del metabolismo osseo secondario al processo infiammatorio. Ad esempio, facendo una radiografia, la zona colpita dall’algodistrofia può mostrare un’osteoporosi “a chiazze”, evocativa ma non diagnostica per l’algodistrofia.

Stadiazione

Nel primo stadio, si ha edema nella regione interessata, con cute arrossata e calda,eventuale iperidrosi, soprattutto se il trauma è localizzato all’arto superiore, impotenza funzionale assoluta e dolore molto intenso, con peggioramento della sintomatologia ogni volta che si tenta di caricare sull’arto.
Il secondo stadio, invece, è caratterizzato da edema e dolore più diffusi, la cute diventa pallida, sottile e secca, con ipotrofie e retrazioni muscolari, accompagnate da eventuale rigidità articolare. I peli del paziente, inoltre, possono crescere increspati, ruvidi e numerosi.
Il terzo stadio, infine, è caratterizzato da importante atrofia tissutale con perdita di massa muscolare, che può diventare irreversibile. Più la sindrome permane, più sarà irreversibile.

Terapia

Il primo passo indispensabile al quale devono mirare le terapie è interrompere il circolo del dolore, purtroppo però antidolorifici ed antinfiammatori, così come anche le terapie a base di cortisone, hanno sui sintomi dell’algodistrofia un effetto spesso modesto e transitorio. Per quanto riguarda l’osteoporosi localizzata appare poco giustificato l’utilizzo del clodronato per via intramuscolare, un farmaco che 20 anni fa veniva usato per via endovenosa e che non ha, con gli schemi terapeutici usualmente utilizzati, una dimostrazione di efficacia e quindi l’autorizzazione per il trattamento di questa patologia.

Il clodronato ha un’efficacia molto inferiore all’unica terapia oggi riconosciuta, ma essendoci un minimo di beneficio sulla sintomatologia dolorosa, il paziente continua a seguire la terapia, anche se inadeguata. Ciò spesso comporta un’evoluzione del quadro clinico e un danno funzionale permanente perché i pazienti non sono stati trattati nel modo corretto e nei tempi giusti. L’unico farmaco oggi disponibile con indicazione specifica per la sindrome dolorosa regionale complessa è il neridronato somministrato per via endovenosa.

Quindi i pazienti devono essere curati con questo farmaco, sottoporre i pazienti ad altre terapie è scorretto e può costare loro conseguenze estremamente severe, in termini di disabilità permanente. La fisioterapia può avere un ruolo importante per evitare un danno funzionale permanente, ma va iniziata in una fase di malattia in cui la sintomatologia dolorosa del paziente consente di tollerarla.

Magnetoterapia, ultrasuonoterapia e idroterapia, se ben dosati tra loro, hanno effetti positivi, specialmente se associati ad una terapia motoria specifica tesa al miglioramento della motilità articolare e alla vascolarizzazione dell’arto sofferente. La ginnastica non deve mai essere aggressiva edeve rispettare la soglia del dolore percepito.

Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.