Negli ultimi venti anni l’incidenza delle lesioni al legamento crociato anteriore è aumentata notevolmente nei bambini e nei ragazzini per via di un incremento della pratica sportiva
È stimato che l’incidenza annuale nella popolazione generale sia di 68 casi ogni 100.000 persone, ma i dati variano notevolmente per età e per sesso: nelle femmine tra 14 e 18 anni osserviamo ben 228 casi ogni 100.000 e nei maschi tra 19 e 25 anni di età l’incidenza sale a 241 casi ogni 100.000.
Se limitiamo i dati alla sola popolazione sportiva, la frequenza sale ulteriormente: per ogni singolo atleta è stato calcolato che il tasso di rischio di rottura del Lca oscilla tra 0,07 e 1,08 ogni 1.000 sedute di allenamento o gara, a seconda del tipo di sport praticato.
Nonostante i casi si ripropongano sempre più di frequente non esiste un percorso terapeutico univoco e adesso un algoritmo (che ovviamente non esclude l’esperienza clinica) potrebbe aiutare gli specialisti a individuare il trattamento per questi giovani pazienti.
I ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Ospedale San Gerardo di Monza, della Grenoble Alpes University e del Transalpine Center of Pediatric Sports Medicine and Surgery – in collaborazione con i colleghi di Tolosa di Tolosa (Francia), Rochester (USA) e Thunder Bay (Canada) – hanno effettuato una revisione di tutta la letteratura scientifica in materia e della casistica dei rispettivi centri, i cui risultati sono stati pubblicati su The Journal of Sports Medicine and Physical Fitness. Un lavoro che ha portato alla elaborazione di un algoritmo di selezione del trattamento basato su tre condizioni: lo sviluppo scheletrico; la posizione, il tipo e la qualità della lesione; le aspettative di paziente e genitori riguardo le attività future.
Nelle rotture del legamento crociato anteriore la decisione sul migliore trattamento terapeutico per lo specifico caso può essere presa, a volte, soltanto in sede di intervento operatorio. Proprio per questo un momento importante è il rapporto che gli specialisti instaurano con i genitori del paziente, affinché questi ultimi siano messi nelle condizioni di poter prestare il consenso informato per la tipologia di intervento che verrà scelta.
“Nei soggetti scheletricamente immaturi, che presentano un alto potenziale rigenerativo, per alcune lesioni del crociato è possibile un trattamento di tipo riparativo e non ricostruttivo», spiega Marco Turati, ricercatore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca, dirigente medico del reparto di Ortopedia dell’Ospedale San Gerardo di Monza e presidente del congresso del Transalpine Center of Pediatric Sports Medicine and Surgery. Poi aggiunge: «Questo tipo di trattamento permette la preservazione del tessuto legamentoso nativo. In altri casi è invece raccomandata la ricostruzione del crociato poiché è stato evidenziato che rimandare il trattamento a quando il soggetto presenterà caratteristiche di maturità scheletrica lo espone a un alto rischio di lesioni associate. L’algoritmo che abbiamo presentato, infine, evidenzia come il trattamento ottimale non comporti solamente scelte chirurgiche specifiche sul singolo paziente, ma anche adattati percorsi riabilitativi che permettono un recupero funzionale il più adeguato possibile”.
Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.

Accursio Miraglia, nato a Sciacca il 27-12-68
Nel 1994 Laurea con Lode in Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma – Policlinico Gemelli)
Nel 1998 Specializzazione con Lode in Medicina Fisica e Riabilitativa (Fisiatria), Università di Tor Vergata (Roma)
Dal 1998 al 2006 partecipa a numerosi corsi di aggiornamento organizzati dall’Accademi Italiana di Medicina Manuale
Dal 1998 al 1999 Assistente medico, responsabile area riabilitativa Casa di cura “Villa Fulvia”, Roma
Dal 1999 ad oggi Direttore Sanitario del Centro di Educazione Psicomotoria s.r.l, centro di fisioterapia accreditato presso il SSN
Dal 2009 è consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale di Sciacca e gli uffici del Giudice di pace di Sciacca, Menfi e Ribera.
Dall’anno accademico 2014-2015, professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
Dal 2015 ricopre il ruolo di docente presso il “Corso-Teorico pratico di Medicina Manuale” organizzato dalla SIMFER (Società Italiana di medicina Fisica e Riabilitativa) con la collaborazione Società Italiana di Medicina Vertebrale (MEDVERT) e le Università “la Sapienza” e Tor Vergata” di Roma.