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Salute & Benessere. Microplastiche presenti perfino nei biberon: ma sono pericolose?


Il mondo sembra ormai invaso dalle microplastiche, piccolissime particelle di plastica che hanno un diametro compreso fra i 330 micrometri e i 5 millimetri, che si trovano praticamente dappertutto: nel suolo, nelle acque, negli organismi viventi, perfino nel miele e sulle nevi di montagna

Questi materiali si dividono in due grandi famiglie: le microplastiche primarie, realizzate intenzionalmente dall’uomo e rappresentate da granuli e pellet di polietilene (PE), polipropilene (PP), polistirene (PS), polietilene tereftalato (PET), polivinil cloruro (PVC), poliammide (nylon) e etilene vinil acetato (EVA) e le microplastiche secondarie, nate da reazioni chimiche innescate dalla degradazione per invecchiamento ed esposizione ad agenti atmosferici, chimici e fisici di sacchetti, pneumatici, bottiglie, prodotti tessili e qualunque altro materiale le contenga.

Uomo, pesci e acqua minerale

Nel 2018 uno studio svolto dai ricercatori dell’Università di Vienna e dall’istituto per la sicurezza alimentare austriaco ha documentato la presenza di microplastiche nelle feci di persone residenti in Giappone e in Europa. La cosa preoccupante è che questi materiali sono stati rilevati nei campioni di tutti i partecipanti.

Le microplastiche sono state trovate in quantità anche nell’intestino dei pesci e si teme che possano passare anche in altri tessuti che, al contrario dell’intestino che viene gettato via, vengono largamente consumati dall’uomo.
Praticamente tutte le acque minerali contengono microplastiche, anche quelle in bottiglie di vetro. In quest’ultimo caso ci si chiede con un certo stupore da dove arrivino le micro particelle.

Biberon

Particolare allarme desta uno studio condotto dal Trinity College di Dublino e pubblicato su Nature Food che ha mostrato come i biberon rilascino una grande quantità di microplastiche.

L’analisi su ha riguardato il processo di sterilizzazione con acqua bollente di 10 diversi biberon, che coprono circa il 70% del mercato. I risultati mostrano che tanto più alta è la temperatura dell’acqua all’interno del biberon e tanto maggiore è il rilascio di microplastiche. Ad esempio, se si scalda l’acqua fino a 70 °C si liberano circa 16 milioni di particelle microscopiche di microplastiche per ogni litro, e se la temperatura raggiunge 95 °C si arriva a 55 milioni di particelle per litro. Al contrario, sterilizzando il biberon con acqua fatta bollire e poi raffreddata a 25 °C il quantitativo è di 600 mila particelle di microplastica al litro.

Sulla base di questi e altri dati, in particolare valutando anche la quantità di latte artificiale mediamente consumato, i ricercatori hanno calcolato che la quantità media giornaliera di microplastiche introdotte tramite l’alimentazione corrisponde a più di un milione di particelle al giorno. Si tratta di livelli alti, più elevati di quanto previsto e ipotizzato finora, scrivono i ricercatori nello studio.

Ridurre i rischi per i bebè

In attesa di avere più informazioni, gli autori ricordano di adottare alcuni comportamenti per ridurre l’esposizione del neonato alle microplastiche. In particolare, nella preparazione del latte in polvere si deve lasciar bollire l’acqua e successivamente attendere che la sua temperatura si abbassi e arrivi intorno ai 70 °C, per poi inserire la formula in polvere. Una volta pronto, poi, il latte va fatto raffreddare prima di introdurlo nel biberon. In generale è fondamentale non scaldare i liquidi nel biberon o in altri contenitori di plastica, ma in recipienti di metallo o di vetro.

Quali studi?

Pochissimi studi sono stati finora effettuati per valutare l’impatto che le microplastiche hanno sui tessuti organici e, in particolare, sull’uomo.
Secondo un lavoro del 2018, effettuato su cellule intestinali di uomo e di topo, sembra che il polistirene non causi danni. I risultati di questo test sono però molto parziali, perché è stato testato un solo materiale e non su organismi vivi.

Secondo i dati che arrivano dalla Germania, e in particolare dall’istituto federale per la valutazione del rischio, non vi sono pericoli significativi per la salute umana derivanti dalle microplastiche negli alimenti. L’OMS, dal canto suo, ritiene che neanche le microplastiche presenti nelle acque rappresentino un pericolo.

Tuttavia occorre essere molto prudenti poiché i dati rilevati sono assolutamente insufficienti e queste opinioni potrebbero anche cambiare drasticamente sulla base di evidenze ben più solide e complete di quelle disponibili oggi.