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Salute & Benessere. Parkinson: allo studio un esame del sangue per la diagnosi precoce


Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio

I sintomi del Parkinson sono forse noti da migliaia di anni: una prima descrizione sarebbe stata trovata in uno scritto di medicina indiana che faceva riferimento ad un periodo intorno al 5.000 A.C. ma il primo che descrisse analiticamente la patologia James Parkinson.

I principali sintomi motori della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e, in una fase più avanzata, l’instabilità posturale (perdita di equilibrio), ma il corteo sintomatologico della malattia è molto ampio.
All’esordio della malattia, spesso i sintomi non vengono riconosciuti immediatamente, perché si manifestano in modo subdolo e la si aggravano lentamente.

La diagnosi di malattia di Parkinson è clinica, attraverso una visita neurologica, e strumentale, grazie ad esami altamente sofisticati come la risonanza magnetica nucleare ad alto campo, la SPECT DATscan e la PET cerebrale.

La ricerca è molto attiva e si spera che anche un semplice esame del sangue possa aiutare a diagnosticare il Parkinson.

Il gruppo di ricerca dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi – coordinato dalla Dott.ssa Cristina Agliardi – ha isolato e analizzato nel sangue gli esosomi neurali, piccole vescicole rilasciate dalle cellule, di un gruppo di pazienti affetti da Malattia di Parkinson.

Analizzando tali esosomi, i ricercatori hanno individuato un profilo molecolare caratteristico della Malattia di Parkinson (aumento della proteina α-sinucleina oligomerica – il cui accumulo nelle cellule cerebrali è direttamente responsabile della loro distruzione – e diminuzione delle proteine SNARE VAMP-2 e sintaxina-1, coinvolte nel rilascio dei neurotrasmettitori). “I risultati sono innovativi e importanti – spiega la Dott.ssa Agliardi – poiché offrono la possibilità di creare futuri test diagnostici sul sangue. Questo permetterebbe interventi tempestivi e mirati che aiuterebbero a rallentare il decorso della malattia”.

Ma altri ricercatori sono attivi nel campo dei marcatori ematici: si tratta ddi da neurologi e biochimici guidati dal prof. Leonardo Lopiano dell’ospedale Molinette di Torino e dal prof. Mauro Fasano dell’Università dell’Insubria.

La ricerca ha adottato un approccio di proteomica, ovvero la scienza che studia le modificazioni dell’espressione delle proteine, in base al quale sono stati identificati alcuni marcatori utili per distinguere i malati di Parkinson sia dai soggetti sani sia da soggetti affetti da altre patologie neurodegenerative. Il carattere innovativo di questo approccio sta nel cercare i marker nei linfociti, le cellule del sistema immunitario nel sangue.

Queste cellule condividono alcune caratteristiche peculiari con i neuroni che sono soggetti a degenerazione nella malattia di Parkinson e potrebbero riflettere a livello periferico alcune delle alterazioni biochimiche caratteristiche della malattia.

Ma a cosa servono queste ricerche? Lo scopo dei lavori è individuare dei marcatori precoci della malattia, che al momento è individuata il danno neurologico non permette più terapie in grado di arrestare la progressione, della malattia, ma solo di contrastare i sintomi.

Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.