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Salute & Benessere. Psicobiotica: quel filo rosso tra mente e intestino


Da alcuni decenni è noto il ruolo fondamentale che il microbioma intestinale, cioè l’insieme dei microrganismi (essenzialmente batteri e lieviti) che vive nell’intestino, può avere una notevole influenza sulla salute fisica, ma solo di recente si è scoperto che questa influenza riguarda anche il cervello

Sperimentazioni effettuate su topi hanno dimostrato che, inserendo nell’intestino il giusto ceppo batterico, è possibile migliorare la funzione immunitaria, la reazione allo stress e anche le funzioni cognitive, per esempio la memoria.

Studi negli esseri umani hanno dato risultati simili per quanto riguarda la salute fisica, in particolare sul livello di infiammazione metabolica o di specifici apparati, che è un fattore determinante nel provocare, ad esempio, la sindrome del colon irritabile.

Gli effetti cognitivi sull’uomo non sono invece stati replicati, forse perché dipendono dalla percezione soggettiva che ne hanno gli individui e sono quindi difficilmente interpretabili.

Ma se i batteri intestinali possono realmente “comunicare” con il cervello, perché non cercare di controllare questo rapporto per ottenere un effetto positivo sulla mente, per esempio diminuendo ansia e depressione?

È questa la prospettiva di una nuova branca della scienza medica che è stata battezzata psicobiotica, il cui stato dell’arte è descritto in un articolo pubblicato sul “Trends in Neurosciences”   da Philip Burnet, professore di psichiatria dell’Università di Oxford. “Questi studi ci fanno ritenere che i batteri intestinali hanno un ruolo importante nei processi biologici, che speriamo di poter sfruttare con la psicobiotica”, ha spiegato Burnet. “Ora siamo alla ricerca dei precisi meccanismi sottostanti il collegamento tra batteri e cervello, principalmente nel modello animale; gli studi sugli esseri umani sono interessanti, ma sono stati effettuati su campioni piccoli, e perciò la loro replicabilità ancora oggi è difficile da stimare: sul futuro però siamo cautamente ottimisti”.

Una notevole spinta, però, verso questo ottimismo è stata data da un recente studio che dimostrerebbe come un fermento lattico fisiologico, il Lactobacillus rhamnosus HN001, contrasti i sintomi della depressione e dell’ansia dopo il parto.

Si tratta di uno studio randomizzato e in doppio cieco della University of Auckland, pubblicato sulla rivista scientifica EBioMedicine, che ha coinvolto 423 donne. Le gestanti sono state prese in carico a partire dalla 14-16° settimana di gravidanza e sono state suddivise in due gruppi: il primo (composto da 212 soggetti) ha assunto il Lactobacillus rhamnosus HN001 sino a sei mesi dopo il parto mentre il secondo (il gruppo di controllo costituito dalle restanti) un placebo.

Al termine dei due anni di durata dello studio, è risultata una minore incidenza dei disturbi dell’umore tra chi assunto il probiotico. Le donne con sintomi di ansia sono state quasi la metà rispetto al gruppo di controllo (30 a fronte di 55) e per quanto riguarda la depressione si è registrata una flessione del 25%: hanno mostrato sintomi di depressione post partum 44 donne che hanno assunto il placebo a fronte delle 32 che hanno assunto il fermento lattico fisiologico.

Il meccanismo biologico che spiega questo effetto benefico è da ricondurre all’azione positiva che questo probiotico esercita sulla produzione di serotonina, neurotrasmettitore prodotto dai neuroni e dalle cellule dell’apparato gastrointestinale, che regola il tono dell’umore e una serie di funzioni biologiche quali il sonno, l’appetito e la sessualità, ma influenza anche creatività, apprendimento, memoria ed empatia.

 

Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.