Soggetti con elevati livelli di metalli nel sangue e nelle urine potrebbero avere una probabilità più elevata di ricevere una diagnosi di sclerosi laterale amiotrofica o SLA
E’ quanto ha scoperto un team di scienziati americani che ha valutato i livelli di metallo nei campioni di plasma e di urina di oltre 450 persone affette da sclerosi laterale amiotrofica confrontandoli con i prelievi ottenuti da circa 300 individui sani
Lo studio condotto dagli scienziati dell’Università del Michigan, è stato pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry. Il team, guidato da Stephen Goutman, ha valutato i livelli di metallo nei campioni di plasma e di urina di oltre 450 persone affette da SLA, confrontandoli con i prelievi ottenuti da circa 300 individui sani.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come “Morbo di Lou Gehrig”, “malattia di Charcot” o “malattia del motoneurone”, è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura.
La SLA, spiegano gli esperti, è una malattia neurodegenerativa rara ma fatale, nota per essere causata da fattori genetici e ambientali. “Diversi studi epidemiologici hanno collegato l’esposizione ai metalli al rischio di sclerosi – afferma Goutman – ma è fondamentale capire come queste miscele di elementi si associno al rischio di sviluppare la malattia e ai suoi tassi di sopravvivenza. Inoltre è importante individuare le persone più vulnerabili o più suscettibili all’esposizione”.
Sempre secondo quanto emerge dall’indagine, i livelli elevati di singoli elementi, come rame, selenio e zinco, risultavano significativamente associati a un rischio più elevato di SLA e morte prematura. I dati ottenuti sono stati poi utilizzati per creare punteggi di rischio ambientale, che hanno dimostrato come le miscele di metalli nel plasma e nelle urine siano collegate a un rischio circa tre volte più elevati di ricevere la diagnosi della malattia.
“Le relazioni tra geni e ambiente – aggiunge Kelly Bakulski, coautrice dello studio – possono essere davvero complesse. È fondamentale migliorare la nostra comprensione e condurre ulteriori approfondimenti per capire quali fattori possono influenzare lo sviluppo della malattia”. “Il nostro lavoro – aggiunge Dae Gyu Jang, altra firma dell’articolo – mostra che partecipanti che svolgevano attività con una maggiore probabilità di esposizione ai metalli presentavano livelli più elevati di miscele di metalli nel sangue e nelle urine”.
“Questi risultati – conclude Dae Gyu – Jangsottolineano la necessità di tenere conto dei fattori occupazionali e ambientali quando si valuta il rischio di esposizione complessivo di una persona. Nei prossimi step cercheremo di valutare le occupazioni lavorative e le attività caratterizzate da associazioni più forti con la SLA e il suo decorso”.
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Redazione Fatti & Avvenimenti